Spazio satira
Le reazioni
23.08.2018 - 11:42
Nessuno vuole parlare, chi è in giro per le commissioni di routine non vuole neppure essere avvicinato e affretta il passo. O scuote la testa, con gli occhi gonfi. Una tragedia troppo grande per qualsiasi comunità, figuriamoci per quella di Esperia, dove ognuno conosce e aiuta gli altri. Dove a differenza del cinismo delle grandi città, ancora si ragiona per famiglie e discendenze o per zone; dove ancora è possibile fermarsi a chiacchierare un attimo con persone che si conoscono da sempre, come in una grande famiglia, senza darsi appuntamento con largo anticipo. Quei muretti a secco, quelle case separate, arroccate, ognuna con un pezzo di verde e un giardino davanti, quasi a piombo su pendici montuose, traggono in inganno: sono le costruzioni ad essersi adattate al territorio impervio, ad essersi plasmate a quella roccia ("Sperone" su cui Esperia è posta e a cui – forse – deve anche il suo nome) che incombe e che in alcuni tratti viene tenuta da una rete d'acciaio.
Il cuore degli abitanti di Esperia, invece, è più unito che mai, attaccato a quei ragazzi «che avevano davvero tutta una vita davanti». «Delle perle, dei giovani solari e appassionati. Persone speciali, come pure il padre lo era», ci dicono in uno dei due bar del paese, dove alcuni trattengono le lacrime a stento. Altri si lasciano andare a un pianto da togliere il fiato. «Con la sua chitarra Mariano allietava le nostre serate. Quando arrivava in piazza era per tutti una festa», ricordano i pochi cittadini che riescono a lasciarsi andare all'emozione. Non è una questione di pudore né può trattarsi di omertà: in questa brutta vicenda, tutti hanno perso. E al di là di cosa diranno i carabinieri – coordinati dal dottor Bulgarini – sui motivi della strage, la comunità è diventata povera: si è svegliata orfana di tre concittadini apprezzati e amati.
I giovani non potranno più godere dei momenti spensierati con i loro amici fedeli e sinceri, di quei due fratelli belli fuori e dentro, mai sopra le righe. Così come era papà Giovanni. La mamma, la maestra Flora, è ora chiamata alla prova più dura: molti sono stati i pensieri di vicinanza rivolti a lei. Qualcuno sta pregando per lenire il suo dolore. Ogni madre ha ricevuto un colpo allo stomaco immaginando anche solo per un momento cosa abbia potuto pensare Flora, rientrando a casa dopo la sua passeggiata mattutina. Lei che prima del comprensibile malore è stata persino in grado di chiamare i soccorsi. «Ormai si è detto tutto, anche troppo», ha aggiunto un altro residente. La cosa che non può lasciare indifferenti è davvero la grande partecipazione alla tragedia vissuta dalla famiglia Paliotta, non certo un dolore di facciata: un trasporto visibile negli occhi di ogni persona incrociata anche solo per alcuni istanti.
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