Spazio satira
L'approfondimento
01.12.2023 - 14:26
Una vita difficile, soprattutto da quando la morte prematura della madre aveva scavato un vuoto incolmabile. Quella che si legge in controluce, guardando da lontano la storia che ha portato mercoledì notte alla morte di Antonio Teoli, originario di Rocca D'Evandro, è soprattutto una storia di silenzi. In molti, come raccontano i vicini, sapevano di liti e diverbi, consumati e risolti tra le mura di casa. Nessuno sembrerebbe essere mai intervenuto di peso. Nessuno avrebbe, comunque, immaginato un epilogo simile. E se le indagini serviranno a capire cosa sia accaduto in quell'abitazione isolata, avvolta dal verde e lontana da occhi indiscreti, resta l'amarezza di un'intera comunità, sotto choc, per una morte tanto violenta.
«Un dispiacere profondo per questa immane tragedia. La comunità è scossa da fatti che non dovrebbero mai accadere: ci si conosce tutti - ha commentato il sindaco di Esperia, Giuseppe Villani, giunto sul posto subito dopo - La notizia ha fatto il giro del paese già nella notte. Una famiglia stimata, molto conosciuta soprattutto quella della madre: era per amore che Antonio, da Rocca d'Evandro, si era trasferito ad Esperia».
Il matrimonio, il trasferimento nella casa di famiglia della moglie, poi la nascita di due figli e il lavoro in Fca: una vita fatta di quotidiane, piccole e grandi gioie. Poi, circa 16 anni fa, la morte del vero perno del ménage familiare e l'inizio di una vita dura. Anche in questa direzione i carabinieri si stanno facendo strada, entrando nella vita privata della vittima, in quella di un ex operaio Fca che aveva dato tutto per la famiglia, crescendo i suoi due figli insieme alla moglie, scomparsa troppo presto. Da allora ogni incombenza sarebbe stata sua, anche quella di gestire alcuni problemi con la giustizia.
Era la fine dello scorso mese di agosto quando una denuncia per un presunto danneggiamento (con annessa ipotesi di furto) di antenne per la ricezione del segnale tv comincia ad aprire un varco nella normale gestione della loro vita, già appesantita ormai da tempo dall'assenza di una mano femminile. Poi, a settembre, padre e figlio vengono arrestati per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale: dopo aver allertato i militari per questioni di confine, avevano dato in escandescenze. Ad accogliere la prima pattuglia una vera e propria sassaiola: messa da parte la querelle nata con i confinanti (e parenti del pensionato) le attenzioni erano state "riservate" tutte agli uomini dell'Arma.
Dal muretto erano volati sassi e ancora sassi per colpire i carabinieri. Ma terminata la sassaiola, il livello della violenza si era addirittura alzato: prima una colluttazione con i militari, che avevano riportato diversi giorni di prognosi, poi la minaccia di farli fuori. Imbracciando un forcone, brandendo un'ascia e una motosega (come accertato dai militari) sarebbe stato intimato agli operanti di andarsene, come poi era stato ricostruito in aula. E per questo erano finiti in carcere. Dopo la convalida - con un rito abbreviato - assistiti sempre dall'avvocato Pollino, una condanna a 3 anni. Solo quattro mesi fa la decisione, per buona condotta, di farli tornare a casa.
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