23.11.2017 - 09:53
Un'esaltazione collettiva, con intenti emulativi per uccidere Emanuele Morganti. Restano in quattro a rispondere dell'omicidio del ragazzo di Tecchiena lo scorso marzo.
La ricostruzione dell'omicidio
È notte fonda quando venerdì 25 marzo, in compagnia della fidanzata, e di due coppie di amici Morganti entra nel Miro. Lì ha un alterco con un avventore e si accende una discussione. Emanuele viene allontanato dal locale dai buttafuori. All'esterno del club il ventenne di Tecchiena viene picchiato selvaggiamente. In tre momenti diversi. Prova a scappare, ma viene inseguito, raggiunto e colpito ancora. Anche quando torna indietro a prendersi la fidanzata. Emanuele riceve un pugno alla testa e stramazza al suono. Cadendo sbatte contro il montante di una Skoda parcheggiata. E perde i sensi. Ma anche in quei momenti i suoi aggressori si accaniscono contro di lui a calci e pugni, finché non vengono allontanati.
Emanuele viene portato a Frosinone in ambulanza, e da qui, d'urgenza, a Roma, all'Umberto I. Ma nel pomeriggio di domenica muore. I carabinieri cominciano a sentire i presenti per ricostruire gli eventi. I primi ad essere arrestati, due giorni dopo, sono Mario Castagnacci e Paolo Palmisani. Erano fuggiti a Roma. Forse per evitare ritorsioni. Da allora sono a Regina Coeli. Mario Castagnacci il giorno precedente l'aggressione di Morganti era già stato arrestato, per droga a Roma. Ma proprio la mattina di quel venerdì era stato scarcerato e aveva deciso di far rientro ad Alatri.
Ma il quadro è ancora incompleto. I carabinieri indagano ancora, in piazza Regina Margherita più volte viene ricostruita la scena del crimine alla presenza dei testimoni per capire ruoli dei protagonisti, ma anche le posizioni di chi ha deposto. Non tutti, infatti, hanno detto il vero. E una serie di racconti risultano tra di loro in contraddizione. Forse volutamente. Finché non saltano fuori un paio di supertestimoni che aiutano a fare chiarezza.
Ai primi due arrestati si aggiunge il frusinate Michel Fortuna. Si nascondeva in casa della madre in viale Parigi. Ma si scava sempre, anche con l'ausilio del Ris che esamina la Skoda sulla quale ha sbattuto Emanuele e altri reperti.
A fine agosto vengono resi noti i risultati dell'autopsia. Il consulente tecnico Saverio Potenza incaricato dal pubblico ministero sostiene che la lesione mortale può essere «pienamente compatibile con un urto violento del capo contro un ostacolo fisso e rigido come in particolare il montante trasverso di uno sportello chiuso di un'autovettura (la Skoda parcheggiata in piazza, ndr) su cui il soggetto, cadendo pesantemente, possa aver battuto con il capo». Ma potrebbe esser stato, in via teorica, anche il colpo di un manganello. E proprio quando l'inchiesta sembra ormai avviata a conclusione il nuovo colpo di scena con l'arresto di Franco Castagnacci, accusato di aver cercato di condizionare i testi e di aver bloccato l'amico che cercava di difendere Emanuele. Ora la chiusura dell'inchiesta.
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