Frosinone
03.11.2025 - 12:00
Chiunque arriva, lui sa già quale quotidiano o rivista deve preparargli. I suoi clienti li conosce tutti. Per loro l’edicola di Franco è un punto di ritrovo, per scambiare due chiacchiere, commentare un episodio di cronaca. Ma anche per ricevere un consiglio. Ed è proprio questo che gli mancherà più di tutto. Il rapporto con le persone, quelle che ha visto crescere, invecchiare. Francesco Maritato, per tutti Franco, va in pensione. E se entro dicembre non riuscirà a venderla o a darla in gestione, l’edicola di via Pier Luigi da Palestrina potrebbe chiudere. E con lei anche un pezzo di storia. Dopo quarant’anni di attività per Franco è arrivato il momento del meritato riposo. Anche se con un po’ di malinconia perché tra giornali, riviste, libri e figurine per i più piccoli conserva tutti i suoi ricordi più belli. Aveva solo otto anni quando sua mamma Annunziata ha messo in piedi l’attività. Era il 1968 e al posto dell’edicola c’era semplicemente un piccolo tavolinetto, dove venivano poggiati sopra i giornali.
Franco, raccontaci come hai iniziato.
«Premetto che arrivo da una famiglia numerosa. Siamo dodici figli e all’inizio erano le mie sorelle che si occupavano di dare una mano a mia mamma con l’edicola. Io sono arrivato nell 1985, dopo un’esperienza da operaio in fabbrica e da imbianchino. Poi ho deciso di dedicarmi solo all’edicola».
Con il tempo come è cambiato questo lavoro?
«Ricordo che quando venivo ad aprire, alle 5.30, i clienti erano già in fila che aspettavano di leggere il giornale. Oggi sono sempre tante le persone che arrivano la mattina. Ma sicuramente si svegliano con più calma. Poi ricordo che c’era anche la “seconda edizione”. I giornali arrivavano anche il pomeriggio alla stazione con il treno e li portavo in edicola. Adesso non esiste più».
Comunque nonostante internet il tempo non sembra essere passato...
«Sicuramente con gli smartphone è tutto diverso. Però c’è ancora un numero non indifferente di persone che cerca e vuole vedere le notizie sulla carta stampata. Insomma c’è ancora chi legge, per fortuna».
E le vendite?
«Per quanto riguarda i giornali locali arrivavo a fine giornata che erano state vendute almeno trecento copie. Ma c’è da dire che le testate erano molto più numerose».
Chi è che comprava il giornale quando hai cominciato?
«Oltre a persone adulte c’erano tantissimi adolescenti che mi chiedevano riviste come “Cioè”, solo per citare quella che andava più di moda. Quindi la clientela era di tutte le età».
E oggi? Chi è che compra il giornale?
«Questa fascia intermedia si è un po’ persa. Si vedono soltanto adulti oppure bambini».
Qual è il rapporto con i più piccoli?
«Per loro è rimasto tutto uguale. Si fanno accompagnare dai genitori e sarebbero capaci di passare anche le ore qui in edicola con me a scegliere cosa comprare. Vengono anche dietro, me li metto in braccio. Fin quando non sono davvero convinti. Insomma per me devono tornare a casa con il sorriso».
Ti mancherà tutto questo?
«Mia moglie mi dice sempre: “Il problema sei tu che non vuoi uscire da là dentro” (ndr dall’edicola). Ed è proprio così. Lasciare sarà difficile. Con gli anni ho costruito un rapporto speciale con tutti. Però a sessantacinque anni è arrivato il momento di godermi un po’ la pensione insieme alla mia famiglia».
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