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Un colpo al cuore

Covid e Dpcm, il grido di dolore e di rabbia degli esercenti: "Così ci distruggete"

I titolari di ristoranti, locali e centri sportivi in rivolta per la chiusura. Organizzazioni di settore in campo, domani la protesta a Roma. Le testimonianze

Tanto valeva chiuderli del tutto. L'ultima stretta del governo sui locali obbligati a fermarsi alle 18 e sulle attività dove si pratica sport già bloccate da ieri farà tante vittime. Troppe. Perciò è inaccettabile.
Il grido di dolore e di rabbia è corale. Ristoranti, bar, pub, gelaterie, pasticcerie e poi anche palestre, piscine, centri sportivi, centri benessere e termali, sale da gioco: tutti sotto scacco col Dpcm di sabato sera. E per molte attività la prospettiva è quella di non rialzarsi più. Già ieri le serrande di parecchi locali sono rimaste abbassate: inutile tenerle aperte fino alle 18, sarebbe solo una grossa perdita.

Aria di rivolta
Gli operatori sono in rivolta. E non si fidano delle promesse del premier Conte sui ristori economici per le loro attività. Il presidente di Confcommercio Lazio Sud e neo presidente della camera di commercio Frosinone e Latina Giovanni Acampora lancia l'allarme: «Il nuovo Dpcm ci pone, ancora una volta, in una posizione di estrema criticità. Quello che avevamo previsto, purtroppo, si sta drammaticamente avverando; l'emergenza sanitaria si sta trasformando in emergenza economica senza precedenti aumentando disagio e tensioni sociali. Migliaia di manifestazioni spontanee in tutta Italia ne sono la riprova. Le nostre imprese hanno ottemperato a tutti i protocolli e prescrizioni eseguendoli scrupolosamente con sacrifici e dispendio di importanti risorse economiche. Le chiusure e le limitazioni disposte, pur colpendo direttamente solo alcuni settori, avranno ripercussioni drammatiche anche su tutti gli altri settori del commercio». E aggiunge: «Troviamo incredibile che contestualmente al decreto con le misure restrittive non sia stato adottato anche un decreto con adeguati indennizzi, ristoro e immediate misure compensative».

Domani a Roma (dalle 11.30 davanti al Pantheon) e in altre ventuno città italiane gli operatori e le organizzazioni di categoria manifesteranno contro questa ulteriore stretta con lo slogan "#Mille Coperti a Terra#". Nella capitale ci saranno anche il presidente della Fipe Confcommercio Lazio Sud Italo Di Cocco e delegazioni da tutto il Lazio. Intanto i 33 sindaci della provincia di Latina hanno chiesto a Governo e Regione Lazio un piano economico per le categorie a rischio.

Operatori disperati
«Ho già ricevuto le telefonate di tanti che piangendo mi chiedevano che cosa fare per sopravvivere dice Fabio Loreto, vicepresidente di Confcommercio Lazio Sud e delegato allo sviluppo per le province di Frosinone e Latina Invece di accanirsi contro la ristorazione, i cinema e le palestre che rispettano tutti i protocolli di sicurezza, il governo dovrebbe risolvere il problema dei contagi sui mezzi di trasporto sovraffollati. Far chiudere ristoranti e pizzerie che lavorano soprattutto di sera in un orario anomalo significa ucciderle. Per salvarle bisogna bloccare subito tasse e bollette e compensare le perdite con fondi mirati». Antonio Bottini, presidente provinciale della Confesercenti di Frosinone è altrettanto duro: «La priorità è la salute, ma dopo avere obbligato i ristoratori e i gestori di palestre o cinema a rendere sicuri i locali spendendo cifre consistenti, la chiusura alle 18 non ha senso. Sarebbe andata bene anche alle 24, invece questo governo procede con le mezze misure, l'ennesima prova della sua inefficienza e improvvisazione. La maggior parte di noi è riuscita a superare la crisi sei mesi fa, ma stavolta molti non ce la faranno e saranno costretti a chiudere. La situazione di bar, ristoranti, pizzerie in provincia di Frosinone era già grave prima dell'emergenza Covid. Con quest'ultimo provvedimento,  diventerà catastrofica. Si rischia un dramma sociale di proporzioni mai viste».

Gianni Lupo, rappresentante di Horeca, l'organizzazione che riunisce albergatori, ristoratori ed esercenti di locali pubblici, si rivolge direttamente al governo: «Ci avete tolto le feste e abbiamo stretto i denti, ci avete imposto di chiudere a mezzanotte e abbiamo stretto la cinghia,ci avete imposto di mettere massimo sei persone a tavola e lo abbiamo fatto, ci avete tolto il sabato sera, praticamente metà incasso della settimana. Nonostante tutto, abbiamo seguito queste norme indegne, ma ora ci togliete il diritto al lavoro». Il suo sfogo è quello dell'intero settore, una colonna portante dell'econo mia nazionale: «Hanno distrutto la filiera made in Italy - aggiunge Lupo -. Il nostro Paese è conosciuto in tutto il mondo per l'arte, la storia, la letteratura, ma anche per la sua tradizione culinaria e i suoi beni agroalimentari che vengono  prodotti qui per poi essere esportati in tutto il mondo e serviti in tutti i ristoranti. Il settore food è uno dei pilastri fondamentali della nostra economia. Un fatturato di oltre 538 miliardi di euro, un valore aggiunto di 119 miliardi di euro per 2,1 milioni di imprese con 3,6 milioni di occupati: è questo il valore della filiera estesa del food in Italia, che comprende agricoltura, industria di trasformazione, intermediazione, distribuzione e ristorazione. Ed ora siamo chiusi, senza nemmeno il tempo di svuotare i frigoriferi, senza il tempo di poter parlare con i dipendenti che sono smarriti e impauriti quanto noi. Senza il tempo di capire: di nuovo chiusi a metà, praticamente o chiudiamo o fallimento assicurato.
Solo con il pranzo non si può gestire un ristorante».

Centrodestra all'attacco
Anche la politica è in fermento. Segnatamente il centrodestra. Il senatore Claudio Fazzone, commissario regionale di Forza Italia per il Lazio, è perentorio: «Trovo incomprensibile e per molti versi vergognoso il Dpcm che impone la chiusura dei ristoranti alle ore 18.
Non ho contezza di infezioni o focolai nei ristoranti.
I titolari si sono mossi con prudenzae hanno rispettato le linee guida. Il problema dell'impennata dei contagi va ricercato altrove». A iniziare dai trasporti pubblici. «Il governo conclude Fazzone cancelli queste scelte che rischiano di provocare danni irreparabili e conseguenze drammatiche sul piano sociale»

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