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"Come siamo riusciti ad accerchiare il virus". E ora caccia agli asintomatici

Parla Giuseppe Di Luzio, responsabile dell'Igiene pubblica della Asl di Frosinone: "Fondamentale l'utilizzo dei tamponi. I test sierologici? Serviranno"

Se c'è una misura che più di altre ha rappresentato una svolta nella "guerra" al Coronavirus in provincia di Frosinone, quella è stata rappresentata dai tamponi a tappeto. Fortemente voluti dal direttore generale della Asl Stefano Lorusso proprio nel periodo dell'ora più buia. Cioè tra il ventitré e il ventinove marzo. La sequenza fu questa: 14 nuovi contagi il ventitré marzo, 32 il ventiquattro, 26 il venticinque, 47 il ventisei, 29 il ventisette, 42 il ventotto, 24 il ventinove marzo. Cioè 214 nuovi contagi in sette giorni, per una media di 30,57 ogni ventiquattro ore. Con una forte incidenza di alcuni "cluster" di Cassino, Fiuggi e Veroli. Oltre a quelli familiari. Andare a "testare" a tappeto operatori sanitari e di alcuni servizi essenziali poteva determinare il rischio di un'impennata. Ma invece alla fine è stata proprio quella l'arma più importante.

Il dottor Giuseppe Di Luzio è il responsabile dell'unità operativa complessa Igiene e sanità pubblica, del Dipartimento Prevenzione. È stato tra i fautori dell'opzione del "Drive Through", vale a dire dei tamponi effettuati dal finestrino dell'auto, secondo il modello (vincente) della Corea del Sud. Grazie a questo tipo di novità il numero dei tamponi è cresciuto in maniera importante. Sia in estensione che in profondità. E da sabato il servizio sarà operativo anche a Cassino.
Dice Giuseppe Di Luzio: «Oggi in tutta la provincia si effettuano, mediamente, tra i 260 e i 310 tamponi in totale. Ma qualche giorno fa siamo arrivati a 324. Inoltre adesso il "Drive Through" è operativo pure il pomeriggio, dalle 14.30 alle 17.30. Da Pasquetta non ci siamo mai fermati. E non ci fermeremo». A chi è rivolto adesso questo tipo di "test"?

Argomenta Di Luzio: «Intanto continuiamo a farlo alle persone in isolamento domiciliare che attendono la negativizzazione. Poi naturalmente a tutti quelli che sono venuti in contatto con persone positive. Il concetto è sempre quello della ricerca degli asintomatici. Però l'opzione è stata anche estesa. Per esempio ai rappresentanti delle Forze dell'ordine, agli operatori dei servizi essenziali. E ai sanitari naturalmente. Il servizio del pomeriggio, in questo particolare momento, è rivolto agli operatori delle residenze sanitarie assistenziali. Le case di riposo? Stiamo valutando, può anche darsi che effettueremo i tamponi sul posto. Ce ne sono diverse in provincia».

Ma perché è importante effettuare il tampone? Dichiara Giuseppe Di Luzio: «Al momento è l'unico esame che certifica la presenza del virus. Registra la presenza del genoma virale. Soltanto in questo modo si capisce se una persona è positiva o negativa al Covid-19. Il dibattito sull'attendibilità di questo "test"? Non mi appassiona: è un "test" attendibile». E gli esami sierologici? Argomenta Giuseppe Di Luzio: «A differenza del tampone, che ci dice se l'infezione Covid-19 è in corso o meno, il test sierologico conferma se si è entrati in contatto con il virus e se, per questo motivo, l'organismo ha prodotto degli anticorpi».
Questo "test" può essere di due tipi: rapido e quantitativo. I primi stabiliscono, basandosi su una goccia di sangue, se l'individuo ha sviluppato gli anticorpi. I secondi, eseguiti attraverso un prelievo ematico completo, decreta quanti anticorpi sono stati prodotti.

Afferma Giuseppe Di Luzio: «In particolare questo strumento consente di rilevare gli anticorpi IgM e IgG. I primi vengono prodotti non appena insorge l'infezione e mostrano, quindi, se la malattia è attualmente in corso. I secondi, invece, vengono rilasciati solo in un secondo momento, quando l'infezione è debellata. Indicano, cioè, che la malattia si è verificata in passato ma non è più in atto».

Si discute molto sul fatto che gli esami sierologici non danno comunque una "patente di immunità". Spiega Di Luzio: «È vero, ma ciò non toglie che in ogni caso il "test" ha una specifica importanza. Anche perché si tratta di un esame veloce e quindi può essere effettuato uno "screening" di più persone. Faccio un esempio: con gli esami sierologici si possono "testare" fino a mille operatori sanitari al giorno. Si tratta della categoria più esposta in assoluto al contagio. Se una persona risulta positiva si possono ricercare gli anticorpi e poi effettuare il tampone per capire la situazione attuale. Sarà un ulteriore elemento utile nella lotta al Coronavirus».
Chiediamo a Giuseppe Di Luzio: Terapia intensiva senza malati Covid, reparti dedicati con più della metà di posti letto liberi. Insomma, la situazione è migliorata in provincia di Frosinone.
Risponde: «Sì, è migliorata. Ma questo non vuol dire che bisogna abbassare la guardia. Oppure ridurre il livello di attenzione. Nonostante sia indubbiamente importante che Terapia intensiva è vuota e che nei reparti ci sono molti posti letto liberi. L'elemento fondamentale è che sono diminuiti i decessi».
Ieri nel bollettino quotidiano della Regione Lazio c'era scritto: «Uscar al lavoro per indagine epidemiologica nelle rsa e case di riposo del territorio: tutti i tamponi eseguiti nelle ultime ventiquattro ore sono negativi». Le Uscar sono unità regionali di appoggio. Anche loro vanno a caccia del virus.

Ma cosa dovranno fare queste unità? Dice Di Luzio: «Diverse cose. Per esempio effettuare i controlli domiciliari dei malati o sospetti contagiati di Covid-19. Praticando anche dei tamponi domiciliari ai pazienti sintomatici. Si tratta di andare ad individuare gli asintomatici, per ridurre gli spazi di contagio. Il lavoro congiunto su più fronti ha l'obiettivo di consentire di tenere sotto controllo l'infezione. L'imperativo categorico è far sì che il virus circoli sempre meno».
Chiediamo a Di Luzio: l'impressione, considerando tutti i dati, è che a Frosinone non ci sia in questo momento una grande circolazione virale. Lui risponde così: «La sensazione è corretta: in questo momento non c'è una grossa circolazione virale a Frosinone, ma questo non significa che possiamo abbassare la guardia. Infatti non lo facciamo. Cosa ha funzionato? Innanzitutto le misure di distanziamento sociale. Poi naturalmente anche l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e le cure. Ma ha funzionato altresì la nostra strategia della ricerca attiva dei casi. Attraverso i tamponi e penetrando nel territorio».

Anticipando il virus quindi? «Esattamente», chiosa Giuseppe Di Luzio. C'è poi il capitolo, niente affatto secondario, delle persone positive in isolamento domiciliare. Rileva Di Luzio: «Il numero è sceso parecchio. Teniamo presente che nel periodo più "caldo" ci sono state anche 1.500 persone positive in sorveglianza domiciliare. Adesso sono circa 400. Significa pure che c'è stato grande senso di responsabilità di queste persone».

In ogni caso, se ci sono state anche 1.500 persone in sorveglianza domiciliare, vuol dire nella maggioranza dei casi il virus colpisce con sintomi lievi e gestibili. O no? Dichiara Di Luzio: «Si può dire così. Però, guai ad allentare la concentrazione». Quindi conclude: «Voglio ringraziare tutti i miei collaboratori: hanno dato e stanno dando tutto. Senza di loro questi risultati non ci sarebbero stati. In tutta la provincia siamo 40, una squadra vera. Non avrei mai pensato di dover affrontare una cosa del genere, ma in questa emergenza c'è stata una straordinaria risposta della sanità pubblica».

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