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Steve McQueen: una vita spericolata. Un ricordo di Renzo Stacchi

Steve McQueen: una vita spericolata. Un ricordo di Renzo Stacchi

Roma

Steve McQueen: una vita spericolata. Un ricordo di Renzo Stacchi

Steve McQueen - Una vita spericolata (Steve McQueen: The Man & Le Mans), docu-film di Gabriel Clarke e John McKenna, nelle sale il 9, 10 e 11 novembre, a trentacinque anni dalla morte di McQueen, racconta il film Le 24 ore di Le Mans (Le Mans), diretto daLee H. Katzin, che subentrò aJohn Sturges, congedato per divergenze inconciliabili con McQueen stesso, interprete della pellicola.

Clarke e McKenna ripercorrono i travagliati mesidella produzione del film, che si rivelò un flop al botteghino, e che quasi mise fine alla carriera del divo americano. McQueen, come è noto, aveva un passione fuori dal comune per le corse, motociclistiche e automobilistiche e fu anche un abile pilota.

Tra le testimonianze che ricostruiscono l'ossessione del divo per la velocità, spicca quella del figlio Chad. Per l'occasione abbiamo intervistato il noto attore e doppiatore Renzo Stacchi, che ha doppiato McQueen in uno dei suoi ultimi film, Tom Horn. RS: Conobbi Steve McQueen una sera d'Agosto del 1980 a Los Angeles, in un ristorante su Sunset Boulevard, gestito da un italo-americano, di origini abruzzesi: il Mirabelle.

Io mi trovavo negli Stati Uniti per lavoro, stavo doppiando il protagonista di una serie tv (L'Immortale), Cristopher George, presso l'Intersound INC, che si trovava a pochi passi di distanza proprio dal Mirabelle. Ero con il grande Emilio Cigoli, voce storica di attori come John Wayne, Marlon Brando, Gregory Peck, Burt Lancaster, Humprey Bogart e tantissimi altri. Un'estate indimenticabile, durante la quale ebbi occasione di frequentare star come Liza Minelli, Charlton Heston e Marisa Berenson, con cui avrei lavorato qualche anno dopo in un film di Tessari, Quel treno per Vienna.

Sempre a Los Angeles poi ritrovai l'amico Lu Castel, che avevo doppiato più volte. La sera mi piaceva uscire da solo, alla scoperta di una città come Los Angeles, così mi ritrovai una di quelle sere al Mirabelle a cenare, quando al tavolo di fronte al mio notai proprio Steve McQueen, che cenava da solo. Quando mi chiese perché fossi a Los Angeles, gli dissi del mio lavoro e che qualche mese prima lo avevo doppiato in uno, se non l'ultimo, dei suoi film, Ton Horn. Il film era basato sulla storia vera di Tom Horn, un pistolero che viene ingaggiato da alcuni allevatori per proteggersi dai ladri di bestiame. Direttore del doppiaggio sempre Emilio Cigoli.

Rimase sorpreso e divertito del nostro incontro: McQueen era una persona eccezionale, la prima volta che gli strinsi la mano, fui come avvolto da una carica positiva, una sorta di magnetismo. Mi disse che ogni settimana si recava a San Diego per delle endovene di oro radioattivo per combattere la malattia che lo stava uccidendo. Era diventato il doppio, fisicamente, di come eravamo abituati a vederlo sul grande schermo, per via delle cure.

Continuammo a vederci, sempre nello stesso posto, all'ora di cena, altre due-tre volte: alla fine ci capivamo bene, nonostante la lingua. Il ricordo che conservo di lui, è quello di una persona di grande intelligenza, una personalità carismatica, fuori dalla norma, di una forza enorme e non faceva pesare affatto la sua malattia. Rientrai in Italia a Settembre. Qualche mese dopo (il 7 novembre, ndr), appresi la notizia della sua morte, che coincise con quella dell'amico Cigoli, che avvenne proprio lo stesso giorno. Due grandi perdite indubbiamente.

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