Un giovane musicista ceccanese vive e dispensa forti emozioni, ci confida, per curiosità. In realtà si avvia velocemente al professionismo, tra lo studio accademico, il rispolvero dei grandi musicisti del passato e le innovazioni. Pierpaolo Di Stefano si racconta a Ciociaria Oggi.
Quando si è avvicinato alla musica?
«Non nasco musicista ma ascoltatore. Nel periodo delle scuole medie ho avuto l'opportunità di avvicinarmi alla musica strumentale e così ho cominciato un percorso di studio. Dopo qualche anno sono entrato nell'ambiente del conservatorio "Licinio Refice" di Frosinone e ho potuto soddisfare il mio interesse musicale a 360°».
Oggi quale strumento le interessa di più?
«Sono diversi gli strumenti che mi interessano e che suono, il pianoforte, la chitarra, il clarinetto, il vibrafono (uno strumento musicale a percussione composto da barre in metallo intonate, percosse da battenti, ndr) e la marimba (simile al precedente ma con il suono amplificato da zucche vuote o canne di bambù, ndr). A ben riflettere, il motivo per il quale sono attratto da questi strumenti non è professionale, benché…».
Benché…?
«…io studio composizione e direzione d'orchestra e la conoscenza di diversi strumenti potrebbe essermi utilissima. In realtà è più la mia curiosità verso tutti i tipi di timbri che mi spinge a sperimentare e suonare ciò che mi capita tra le mani!».
A proposito di curiosità: preferisce la composizione o la direzione d'orchestra?
«Sono due facce, complementari, della stessa medaglia: se la composizione riesce a trasferire un pensiero in una partitura, la direzione è il tramite tra quella partitura e gli strumentisti. Se proprio, però, devo scegliere, la composizione è un'esperienza che matura di pari passo con la persona e, per quanto mi riguarda, un mezzo creativo di idee ed emozioni originali».
Ha dei punti di riferimento?
«Oltre ai miei insegnanti, a cui va il mio sincero ringraziamento per le infinite strade professionali che quotidianamente mi aprono, e dopo Johann Sebastian Bach, i grandi maestri del 900 sono per qualsiasi compositore un riferimento fondamentale».
Qual è il suo genere compositivo?
«Mi riferisco principalmente all'ambito della musica colta, anche se è difficile inquadrare nella mia produzione un genere preciso. Per me oggi un compositore deve necessariamente apprendere da tutti i generi, ampliare il proprio bagaglio e rimodellare il proprio linguaggio musicale sulla base delle esigenze della singola idea musicale. Deve inoltre accogliere coscientemente tutte le influenze e le possibilità che lo studio dei grandi maestri del passato e il contesto musicale odierno offrono, riproponendole in un modo nuovo».
È un caso che si sia dedicato molto alle colonne sonore dei film?
«La musica da film, provenendo dal melodramma, è la recitazione musicale per eccellenza ed è uno dei primi contatti sonori che abbiamo fin da piccoli attraverso il cinema e la tv. È stato, quindi, quasi un processo naturale quello di avvicinarmi a questo linguaggio».