Poco più di duecento anni fa, l'abate Domenico Romanelli scrisse un libro nel quale narrò del suo "Viaggio da Napoli a Monte-Casino" (1819). Durante questa esperienza ebbe modo, tra l'altro, di visitare Aquino, e, nel raccontare di questa tappa del viaggio, ci ha lasciato una breve e velatamente polemica descrizione del teatro romano.

Scrive il prelato: «Dallo stesso lato in corta distanza […] alzavasi il teatro, di cui restano tuttora considerabili avanzi […]. Tutto il campo è seminato di sassi, e di rottami di mura, senzacché sia venuto ad alcuno il desiderio di scavarlo, dove non solo si troverebbe tutta la sua intera pianta, ma anche delle antichità preziose». Poche pagine dopo, con lo stesso piglio critico, Romanelli annota della sua visita alle «ruine dell'anfiteatro, oggi ridotto ad orti, e ad un abituro di animali bruti».

Della vicenda dell'anfiteatro parleremo in un'altra puntata, concentrandoci oggi sul teatro dell'antica Aquinum, la cui prima organizzazione urbana risale all'avvento dei Volsci nella seconda metà del IV secolo a.C., epoca alla quale appartengono i resti connessi a luoghi di culto a ridosso di tre antichi laghi, oggi scomparsi. Non a caso il toponimo deriva da una parola volsca che indicherebbe appunto abbondanza di acqua. Il centro urbano tuttavia si sviluppò solo con l'espansione romana nella Valle del Liri e dopo la costruzione della Via Latina nel 312 a.C., epoca nella quale, dal territorio della cittadina, venne dedotta anche la colonia di Interamna Lirenas.

In seguito alla distruzione di quest'ultima, Aquinum divenne frequens municipium, come Cicerone la definisce nella seconda Filippica. All'epoca del secondo triumvirato fu governata dai duoviri, che riorganizzarono il territorio, riedificandolo secondo l'uso romano e abbellendolo di numerosi edifici pubblici. Anche le epigrafi rinvenute nella zona circostante attestano la grande fioritura della città, centro tanto prosperoso da raggiungere una popolazione di circa quarantamila abitanti.

Gli edifici della città romana, desertificati durante le invasioni barbariche, e poi dalla peste, servirono purtroppo per diversi secoli da cava di materiale per costruzioni di epoca medievale. Infatti sia il castello dei conti, sia la chiesa della Madonna della Libera, sia il medievale monastero di San Gregorio, furono edificati con il materiale edilizio prelevato dalla città romana abbandonata.

Il teatro, datato di recente intorno ai primi anni del I secolo a.C., è ubicato, come quello di Interamna (al quale ho dedicato la puntata del 18 gennaio), lungo il tracciato cittadino della Via Latina. Di esso sono visibili ventidue setti radiali, aventi un nucleo in opera cementizia e rivestiti esternamente da cortine in opera reticolata non regolare, con cubilia quadrangolari; tali setti costituivano i supporti per le volte a botte in conglomerato che offrivano sostegno alle gradinate della cavea.

Ulteriori elementi sono emersi da più recenti indagini archeologiche, e hanno attestato l'esistenza di tre gradoni in conglomerato appartenenti all'ima cavea (cioè la fila inferiore di gradinate). Infatti, la cavea era probabilmente ripartita in tre settori: l'ima cavea posta fra l'orchestra ed il corridoio anulare; la media cavea fra quest'ultimo ed il corridoio anulare più esterno, e la summa cavea posta al di sopra dei due corridoi anulari più esterni.

Sull'esempio di numerosi altri teatri romani c'erano due corridoi anulari, uno interno e l'altro esterno rispetto ai setti radiali, tali da costituire un raccordo fra di loro, più un terzo superiore dal quale probabilmente si accedeva alla parte alta della gradinata. Tale ricostruzione autorizza ad ipotizzare la presenza di due ordini esterni decorativi costituiti da passaggi arcuati. Riguardo l'orchestra, si può ragionevolmente ipotizzare che fosse collocata ad un livello inferiore rispetto al piano di calpestio esterno del teatro, come spesso riscontrabile, alla quale si accedeva discendendo le due rampe laterali poste nei passaggi fra la scena e la cavea.

Nulla è rimasto della scena – che verosimilmente ricadeva nella fascia di terreno che si estende verso il margine della Via Latina – benché si può ipotizzare che il corpo scenico avesse un'altezza tendente a raccordarsi con quella del muro di fondo della summa cavea, sopra la quale era forse collocato un portico semicircolare. D'altronde se confrontiamo il teatro di Aquinum con altri coevi, possiamo supporre che sulla cavea insistesse un portico, il cui muro di fondo doveva offrire spazio ad un ulteriore ordine decorativo; questo però solo per rendere la ricostruzione più vicina possibile all'ideale romano del teatro.
Per chi volesse saperne di più, un contributo particolarmente esaustivo sul teatro e sull'anfiteatro è di I. Ferrari, "Archeologia e grafica 3D. Il teatro e l'anfiteatro di Aquinum, in Ager Aquinas. Storia e archeologia nella media valle dell'antico Liris", vol. II, Aquino (FR) 2007.