Il teatro come una missione, l'incontro con Sofia, gli studi all'estero e la Biennale di Venezia. Attore prima, regista e drammaturgo poi, Valerio Leoni si racconta. Nato ad Alatri e cresciuto a Castelmassimo, vive da quindici anni a Roma, dove si è trasferito per studiare teatro. A luglio dell'anno scorso, con il progetto di performance "Cuspidi", ha vinto il bando "Biennale College Teatro Registi Under 35" della Biennale di Venezia. Il prossimo 16 giugno la presentazione dello spettacolo. Per l'occasione lo abbiamo intervistato.

La persona e l'attore. Chi è Valerio?
«Come persona sono prevalentemente quello che faccio. È un tipo di lavoro che ti assorbe completamente. Ti cambia le abitudini, migliora alcuni aspetti della vita ed è molto bello farlo andare di pari passo con l'esistenza. E in certi casi è una missione».

Come è nata questa missione?
«È nata quasi per caso anche se c'era un forte stimolo. Ho avuto una grande opportunità lavorativa un anno dopo aver iniziato a recitare, era di natura televisiva, e attraverso quell'esperienza mi sono reso conto di dover studiare per fare questo lavoro. Quindi mi sono iscritto a un'accademia di arte drammatica a Roma. Da lì, attraverso l'incontro con il mio primo maestro, ho capito quanto questo percorso potesse essere preso sul serio, senza però prendersi sul serio allo stesso tempo. Perciò per studiare sono partito, sono andato prima in Polonia, poi in Danimarca, in Germania, in Spagna.
La mia principale formazione è estera. È iniziata in Italia, a Roma, e poi si è sviluppata all'estero anche e soprattutto grazie all'incontro con la mia compagna, sia di vita che di lavoro, Sofia. Grazie a lei ho sviluppato un'attenzione e una preparazione maggiori in questo percorso, che ci ha portato, uno accanto all'altra, a prenderci anche qualche piccola soddisfazione. Insieme a me dirige il centro che abbiamo a Roma. E questo fa sempre parte della missione. Abbiamo invitato i nostri maestri incontrati tra Polonia, Danimarca e Germania per dei workshop per offrire le opportunità di natura formativa, che abbiamo avuto noi, a chi per varie ragioni non aveva la possibilità di coglierle all'estero».

Quanto è importante per un attore guardare oltre il confine?
«Dal mio punto di vista è fondamentale. C'è tanta scena teatrale italiana di ottimo livello, ma all'estero c'è tanta sperimentazione e tradizione al contempo. E dall'incontro di sperimentazione e tradizione si riesce a trovare anche quella scintilla che possa fare evolvere questo mestiere, che in certi casi sembra quasi fermo nel passato».

C'è uno spettacolo al quale sei particolarmente legato?
«Ci sono delle messe in scena che sono state fondamentali. Penso a quanto sia stato importante per me lo spettacolo "Transverse ortientation" del coreografo Dimitris Papaioannou, che mi ha cambiato alcuni paradigmi. Poi tutto il lavoro di James Thierrée, il lavoro dei Familie Floez, per me è stato un passaggio fondamentale vedere l'allestimento del "Ritorno a casa" del regista Peter Stein. Non ultimo ci sono gli autori, Anton Chekhov, Samuel Beckett, Harold Pinter, che hanno cambiato l'approccio dell'attore alla parola e quindi anche l'approccio dello spettatore alla messa in scena. Lo spettatore non è più seduto a godersi uno spettacolo, ma è lì per fare un'esperienza in cui anche lui è partecipe, deve mettere insieme i pezzi per cercare di comprendere dove la scrittura, la regia e l'azione in scena lo stanno portando».

Il prossimo progetto?
«Stiamo lavorando allo spettacolo con il quale abbiamo vinto il bando Biennale College per autori under 40 e registi under 35. Viene prodotto dalla Biennale e verrà presentato in anteprima internazionale il 16 giugno e in replica il 17 all'interno del Festival Biennale Teatro 2023. Con questo progetto sono stato messo di fronte a delle cose che non conoscevo o non sapevo fare ed ho potuto imparare e per questo devo ringraziare i direttori artistici del settore teatro che sono Stefano Ricci e Gianni Forte, la direttrice generale della Biennale musica, teatro e danza, Francesca Benvenuti e tutte le persone che fanno parte di questo lavoro, a partire da Sofia, i ragazzi del cast e tutta la crew».