Le poche fonti a disposizione ci informano che San Silverio papa, compatrono di Frosinone insieme a suo padre Sant'Ormisda papa, nacque nel 480 circa, in una località ai confini con Ceccano, chiamata Campo Troiano. Tuttavia, secondo quanto si legge sia nello Statuto comunale ceccanese, redatto sotto Marcantonio Colonna nel XVII secolo, che negli Annali del cardinale sorano Cesare Baronio e in altri documenti ritrovati recentemente nell'Archivio Vaticano, è probabile che la detta località rientrasse nel territorio di Ceccano.

Fu papa dal 536 all'11 marzo del 537, giorno in cui abdicò in favore di Vigilio (un diacono romano che da tempo aspirava al soglio pontificio). La rinuncia al pontificato non fu una libera scelta, ma una costrizione, determinata dall'evolversi di una profonda spaccatura religiosa nell'occidente cristiano. Infatti, nel V secolo (epoca di guerre tra Romani e Goti), i malumori nelle gerarchie ecclesiastiche nei confronti di un papa che veniva dai bassi ranghi del clero, aggravati dal diffondersi di idee eretiche anche tra vescovi e cardinali e anche dall'aperta ostilità dell'imperatrice Teodora – che in gioventù era stata un'attrice che oggi faremmo rientrare nel novero delle pornostar, ma che era riuscita però a sposare Giustiniano – avevano determinato una grave crisi in seno alla chiesa di Roma.

Crisi che finì per azionare una vera e propria "macchina del fango" contro Silverio. Con una lettera falsificata ad arte, egli venne accusato di essersi accordato con i generali dei Goti per favorire l'assedio di Roma. Belisario, che era il condottiero delle truppe romane, lo convocò affinché si discolpasse, ma Silverio non riuscì a confutare le accuse di Vigilio e degli altri suoi accusatori e perciò venne destituito e inviato in esilio a Patara (in Licia, una regione dell'attuale Turchia meridionale).

Il vescovo del luogo capì che le accuse contro Silverio erano false, e anzi fornì a Giustiniano prove della sua innocenza, tanto che l'imperatore ordinò a Belisario una nuova inchiesta. Però il generale, manovrato da Teodora, confermò il suo primo giudizio, spostando la sede dell'esilio sull'isola disabitata di Palmaria (cioè l'attuale Palmarola), dove Silverio sarebbe morto di stenti il 2 dicembre del 537. Le vicende della deposizione di Silverio hanno ispirato alcuni letterati. Per esempio, il poeta Gian Giorgio Trissino le racconta nel suo poema epico "L'Italia liberata dai Goti" (1547). Ma particolarmente interessante è un'altra opera, precisamente un oratorio. Come ricordato nella puntata su Ubertino Carrara, l'oratorio è un genere musicale, che "canta" una storia, senza però che essa venga rappresentata scenicamente (un po' alla maniera delle moderne rock opera). Insomma: solo le voci dei cantanti e la musica dell'orchestra occorrono per questo tipo di composizioni musicali, che generalmente raccontano storie di soggetto religioso.

L'operetta in questione si intitola "L'esiglio di S. Silverio papa, e martire", di cui fu autore Giovanni Battista Grappelli (1650-1720), che lo pubblicò nel 1705. Grappelli (al quale verrà dedicata una delle prossime puntate) nacque a Frosinone, fu un avvocato e poeta e fu particolarmente attivo sul fronte culturale, tanto da essere membro di molte accademie letterarie, non ultima la celeberrima Arcadia (al cui interno firmava le sue composizioni con lo pseudonimo di Melanto Argeateo). La sua carriera iniziò durante gli anni Settanta del Seicento. Perciò, l'oratorio dedicato al compatrono di Frosinone è un'opera della sua maturità poetica.

L'esiglio di S. Silverio papa, che venne eseguito pubblicamente a Roma, è un oratorio a quattro voci; la partitura musicale fu composta dal maestro Girolamo Gavalotti; l'edizione a stampa venne dedicata a Carlo Gaetano Stampa, che era cameriere d'onore di Papa Clemente XI. Nella prefazione dedicatoria, il curatore della stampa, Giacinto de Vecchi, scrive un elogio della poesia di Grappelli: «Per Gioje luminose del Parnaso furono sempre approvate dagl'Eruditi le Poetiche compositioni del Sig. Gio. Battista Grappelli Gentilhuomo da Frusinone, trà le quali il presente Oratorio di S. Silverio Papa, e Martire, suo Compatriota, non merita l'ultimo luogo».

La storia racconta di papa Silverio, il quale, accompagnato dal diacono Lucio, giunge a Roma per essere giudicato da Belisario (diviso tra l'ambizione di sconfiggere i Goti e riceverne gloria e la consapevolezza dell'empietà di Teodora) e da sua moglie Antonina (che invece gli consiglia di ubbidire agli ordini ricevuti dall'imperatrice). La seconda parte dell'opera è ambientata, con una licenza poetica, non a Palmarola ma sull'isola di Ponza, dove il Santo muore dopo aver riflettuto con Lucio sul «vitio in Trono e l'innocenza offesa». Per chi volesse saperne di più, il testo dell'opera di Grappelli è liberamente scaricabile da Google Libri.