E quando la morte arrivò a prenderla la accolse alla sua porta come una vecchia amica. Non ebbe paura perché sapeva che avrebbe avuto il suo volto. Avrebbe potuto rivederla di nuovo (da "La figlia di nessuno", Bookabook 2021). Chiediamo la spiegazione di queste righe estratte dal romanzo d'esordio a Giulia Loreti, giovane scrittrice, disegnatrice e illustratrice frusinate. Nella storia Lei, la bambina protagonista, perde la sua lucciola, che poi è metafora di qualcosa di più grande e molto prezioso. La
consapevolezza dell'abbandono è devastante e la piccola compie un percorso molto profondo per trovare un senso a questa perdita. Una volta faticosamente superato il dolore, potrà eventualmente arrivare a un cambiamento di prospettiva, non avendo più paura della morte, addirittura da anziana accogliendola perché sa che
potrà rivedere la sua lucciola.

Quando ha incontrato l'arte?
«Per mia fortuna ho incontrato l'arte sin dalla prima infanzia. Sono stata educata a guardarla sempre con meraviglia e gratitudine. Durante la mia adolescenza non
l'ho scelta, ci siamo allontanate molto, per poi incontrarci nuovamente in maniera diversa».

Qual è la sua formazione?
«Ho sempre letto molto e osservato altrettanto. Inizialmente non possedevo una formazione
specifica, non avendo frequentato scuole artistiche. Entrando in seguito nell'Accademia di belle
arti ho potuto apprenderne i fondamentali, soprattutto negli anni di biennio specialistico in grafica
d'arte per l'illustrazione».

Che cosa è l'arte?
«L'arte per me è parola. Bisogna dialogare e saper comunicare quello che si pensa e si prova nella
maniera che noi riteniamo più congeniale. Bisogna parlare e saper parlare tanto quanto, a volte, bisognerebbe saper contemplare il silenzio».

Qual è la tecnica preferita?
«Indubbiamente la china, tutto ciò che è inchiostro mi affascina. Ma è stato il pennino ad avvicinarmi maggiormente al mio linguaggio artistico».

Graphic design è l'indirizzo della tua laurea: che cosa si insegna?
«Graphic design è una disciplina abbastanza amplia che comprende molte materie, alcune delle quali davvero interessanti. A me, personalmente, ha insegnato
l'importanza dell'ordine e del peso in una composizione visiva, che nel campo dell'illustrazione e
del disegno è sicuramente una cosa fondamentale».

Quali emozioni dà la scrittura di un libro?
«Le emozioni sono infinite e senza alcun dubbio sono la chiave della validità di un progetto. Mi spiego meglio, io credo, in generale, che qualcosa funzioni solo quando sia veritiera. Le cose che si raccontano, a prescindere dal mezzo che si utilizza, devono essere vere, altrimenti non funzionano. Tutte le cose di cui parlo, che possano piacere oppure no, sono vere. Questo per me è molto importante».

Dal suo libro: "Ovviamente, nessuno è perfetto. Ma per vivere davvero bisogna essere consapevoli. Lo so che fa paura e che è anche molto doloroso… ma solo esserlo ti rende veramente libero, non credi?». La consapevolezza della propria imperfezione è un rischio che vale correre, nella vita?
«È un rischio doveroso per noi stessi ed è un gesto responsabile verso gli altri. Penso che la consapevolezza generi, a rigor di logica, difficoltà e sofferenza, ma
solo essendo consapevoli si è oggettivamente liberi di vivere la propria vita».

Che pensa dell'arte e del relativo mercato a Frosinone?
«Ho notato con mio stupore
che c'è un interesse maggiore rispetto a tempi precedenti, questo dà conforto anche se le difficoltà sono tante».

Arte e contesto urbano nel capoluogo: punti di forza e di
debolezza...
«È una domanda davvero difficile a cui rispondere in maniera concisa. Credo che i punti di forza siano le relazioni con i giovani artisti e di conseguenza con le relative strutture pubbliche e private. Per quanto riguarda i punti di debolezza penso che sia un peccato che il capoluogo sfrutti poco gli studenti per riqualificare il territorio o per progetti e iniziative. Ci sono molti ragazzi che studiano e si formano qui a Frosinone e acquisiscono grande competenza per l'elevata qualità dei docenti dell'Accademia. Alcuni di loro sono molto talentosi ed è triste che la maggioranza non abbia alternative se non quella di andar via».

Ha un sogno da realizzare?
«Molti, alcuni più fattibili di altri. Sicuramente continuare a formarmi, crescere artisticamente e viaggiare molto. Uno dei più auspicabili sarebbe riuscire a utilizzare i miei titoli di studio per lavorare. Ma a prescindere da quali e quanti siano i miei sogni, spero di realizzarne il
più possibile e di esserne all'altezza».