Filippo Cannizzo, ciociaro d'adozione e innamorato della nostra terra, fa della speculazione filosofica uno strumento per divulgare la bellezza della vita.

Quando si è accorto della bellezza della scienza del sapere?
«Durante l'adolescenza ho avuto la fortuna di conoscere la poetica di Giacomo Leopardi attraverso le parole di un insegnante molto bravo e crescendo ho capito che il mio interesse per lo scrittore non poteva limitarsi alla superficialità letteraria ma doveva andare oltre. Ho iniziato così a riflettere sul pensiero del poeta, apprezzandolo sempre di più e raggiungendo il punto più alto della ricerca con l'analisi de "L'infinito", il più grande capolavoro letterario che conosca».

Scrittore, ricercatore universitario, filosofo, docente: che cosa lega queste sue attività?
«Le mie molte attività nel settore della cultura sono legate dal filo rosso della filosofia. Infatti, il mio concetto di filosofia parte dall'assunto che non debba essere intesa come mera accumulazione di nozioni o informazioni, al contrario, la filosofia è la capacità di conoscere il mondo attraverso la forza del ragionamento, del dialogo e del confronto, cercando di trovare delle possibili soluzioni ai problemi e individuando le strade da seguire per cambiarlo in meglio».

In "Briciole di bellezza" (Mimesis Edizioni, 2018) ripone la speranza del futuro dell'Italia nella sua bellezza. La bellezza è un concetto solo esteriore?
«Nel libro la bellezza è intesa non come fine a sé stessa, ma è reale e concreta. Bellezza vuol dire arte, cibo, ambiente, patrimonio storico, artistico, archeologico, paesaggio, danza, teatro, musica, ma anche strade, palazzi, il saper vivere, la capacità di mettersi in relazione con l'altro, la tecnologia, l'innovazione, la qualità della vita. La bellezza è un elemento vivo, diffuso e policentrico, pur se spesso abbandonata, maltrattata e deturpata».

Quali sono le fragilità dell'Italia?
«Nella sua storia, ma in particolare negli ultimi anni, l'Italia ha subìto e sta subendo una sequenza ininterrotta di disastri: dai terremoti alle alluvioni, dalle esondazioni ai crolli, che solo per puro caso non hanno prodotto ogni volta migliaia di vittime. Questa ennesima e drammatica sequenza di catastrofi chiama in causa, oltre le forze della natura e i cambiamenti climatici a livello globale, una serie di ir - responsabilità a diversi livelli, a partire dalla politica e dalle istituzioni, che palesano la debolezza del quadro giuridico del Paese e l'illusoria presunzione umana del controllo totale sul mondo e sui processi naturali».

In "Lacrime di gentilezza. Sulle tracce della bellezza per una (ri)generazione umana" di Edizioni Punto Rosso, 2021, affida alla bellezza dell'Italia la ripresa degli italiani: non è una speranza un po' azzardata?
«Sono convinto che gentilezza e bellezza sono due valori che, se liberati dalla retorica che spesso li avvolge, possono rigenerare il mondo, a partire dall'Italia. Bellezza e gentilezza rappresentano le fondamenta per un possibile investimento sul futuro, quello di un cambiamento all'insegna del benessere collettivo, della trasformazione che renda più vivibili le città e i piccoli borghi, della valorizzazione della creatività, progettazione culturale e tutela dell'ambiente».

Perché "lacrime", poi?
«Il titolo nasce da una metafora tipica del teatro napoletano, poi usata anche dalla poetessa Alda Merini, secondo la quale gli esseri umani sono come le lacrime che cadendo non si sommano ma si moltiplicano. Così le persone, quando si rendono conto della loro condizione comune di esseri umani, possono unirsi e insieme cambiare le cose, cambiare il mondo. Inoltre, le lacrime hanno il doppio significato di lacrime di dolore e lacrime di gioia».