Da oltre vent'anni sono il punto di riferimento della musica folk italiana. Ma sono molto più di un gruppo musicale. Quando si pronuncia il loro nome si pensa a un progetto culturale impegnato nel recupero e nella promozione della storia identitaria del Lazio meridionale.
Gli Mbl – Musicisti del basso Lazio nascono dall'intuizione di Benedetto Vecchio e in poco tempo si affermano sulla scena musicale. Ora, dopo due anni di stop dovuto alla pandemia, sono pronti a ripartire. Benedetto, partiamo da questi ultimi due anni di pandemia che hanno generato un blocco totale del mondo dello spettacolo.

Come hai vissuto questo tempo?
«Mi sono sentito come un leone in gabbia. Sono sempre stato un animale da palcoscenico e ho avuto sempre bisogno del contatto con il pubblico. Tutto questo mi è mancato».

Come è cambiata la tua percezione della musica con questo "stop" forzato?
«Siamo cambiati tutti in questi due anni. Ci si trova in una situazione surreale dove non c'è più la percezione di lavorare, di esercitare la propria arte, ma neanche la possibilità di potersi guadagnare da vivere. Siamo stati relegati solo a qualche piccolo bonus statale per affrontare una situazione gigantesca, di cui ci porteremo gli effetti per lungo tempo. Tutto questo è stato anche mortificante. Noi non siamo stipendiati, siamo tutti partite Iva, siamo una realtà che per vivere deve fatturare e lavorare. È stato devastante anche dal punto di vista personale».

Ora siete pronti a ripartire...
«Nella mia storia ho studiato molto la musica popolare per poter rinsaldare un legame con chi ascolta. Far riscoprire quel sound particolare che arriva dalla nostra terra. D'altra parte è proprio quello della tradizione il motore di questo progetto, tradizione musicale ma che ha anche degli innesti innovativi come le chitarre elettriche che duettano con le zampogne. Il nostro intento in questo momento è di ripartire con forza, tornare a fare ciò che siamo e ciò che amiamo, riportare il pubblico in piazza. Abbiamo moltissimi fan, in Italia e all'estero, in passato abbiamo portato fino aventi mila persone in piazza a ballare e cantare i nostri pezzi».

Quando ci siete voi c'è un grande movimento. Perché secondo te la gente ha quest'attenzione così particolare per gli Mbl?
«Perché questo progetto che ho ideato è vero e originale. Molte band si rifanno stilisticamente ad altre band affermate, mentre il nostro è un progetto che somiglia a se stesso. Quando cominciammo il viaggio nel 1999 ci ho creduto e speravo in questo successo, oggi posso dire che si è realizzato tutto, forse anche oltre le previsioni. D'altra parte il battesimo per il mio progetto ha avuto un padrino d'eccezione, Eugenio Bennato, che disse: "L'appello lanciato anni fa dal mio disco "Brigante se more" è diventato un appello, il segnale di una chiamata a raccolta di briganti antichi e moderni. Tra questi il musicista Benedetto Vecchio, folgorato sulla via tra Napoli e il basso Lazio dove le favole e le pietre e i dialetti segnano il cammino di una storia comune e dove è possibile ritrovare, nel groviglio delle onde sonore inquinate delle radio e delle televisioni nazionali il battito purissimo di un ritmo primitivo e incontaminato chiamato taranta, capace di lanciare certa musica alternativa e trasgressiva della nostra penisola nel grande movimento contemporaneo della world music"».

Parlavi prima di contaminazioni. Cosa dobbiamo aspettarci ora?
«Io spero che ci siano sempre nuovi innesti. In questo momento abbiamo bisogno di respirare nuovamente il palco, di stare insieme e di suonare per ritrovare quegli stimoli necessari per nuove soluzioni e ripartenze. Abbiamo all'attivo 22 anni di concerti, e nel 2022 saranno 23, con 8 album, tanti docufilm. Penso che potrebbe essere l'anno per una buona ripartenza. Voglio sperare e crederci».

Il pubblico cosa deve aspettarsi?
«Bisogna cambiare la prospettiva, perché ora sono gli Mbl che devono aspettarsi qualcosa dagli altri. Noi abbiamo dedicato tutta la nostra vita a questo progetto. Ci aspettiamo il giusto riconoscimento, dalla politica provinciale, regionale e nazionale, che tuteli il patrimonio umano e artistico che ci viene riconosciuto in tutte le sedi opportune. Farci girare in rappresentanza di una civiltà viva nei luoghi della cultura. Io avevo un negozio di antiquariato, nel 2000 ho abbassato la saracinesca e mi sono dedicato completamente alla crescita degli Mbl, creando un movimento che ha generato la nascita e la crescita di altre realtà e anche la maturità di musicisti che sono diventati dei veri maestri. Adesso sono io che mi aspetto una mano da chi ha incarichi a tutela della cultura, della musica, della storia identitaria e della sopravvivenza degli artisti, che faccia ciò che deve per consentire che realtà importanti non scompaiano».

Ti riferisci alle istituzioni?
«Mi riferisco anche alle istituzioni che non possono girarsi dall'altra parte davanti a un progetto come questo. Un progetto che è stato studiato anche da molte università italiane, nel corso dell'ultimo anno sono state 18 le tesi di laurea realizzate proprio sul nostro percorso musicale. Ora ci aspettiamo che tutto il lavoro culturale fatto ci venga riconosciuto e che ci venga data la possibilità di tornare a fare il nostro lavoro».

Insomma, siete carichi...
«Assolutamente sì. Una squadra forte e composta da musicisti affermati: Gianni Perilli fu scelto da Ennio Morricone come solista per alcune sue musiche, autore della colonna sonora di "Linea blu" con Pino Daniele, Gennaro Del Prete, che collaborazioni con il chitarrista di Jetrho Tull, il contrabbassista Alex Del Signore, Valentino Caprarelli, Daniele Marinelli. Credo che siamo necessari a conservare l'identità di questo popolo».