Dopo quelle del 1889 le nuove elezioni amministrative generali per il rinnovo totale del Consiglio comunale di Frosinone si tennero il 30 aprile del 1893. Quest'ultima tornata elettorale fu pesantemente condizionata dal voto politico del 1890 e ancor più dalle due elezioni per il Parlamento del 1892. A livello locale, al di là delle divisioni politiche nazionali, lo scontro si era acceso, soprattutto, tra chi propugnava "candidature ciociare" e chi era, invece, disponibile ad accettare le indicazioni governative per l'elezione di candidati "forestieri". Nella tornata elettorale del 23 novembre 1890 da parte di molti consiglieri comunali e da diversi giornali locali venne sostenuta la candidatura dell'avvocato Augusto Vienna, nato a Guarcino ma residente a Frosinone, che si piazzò poi al primo posto tra gli eletti in tutto il collegio ciociaro. L'elezione per la prima volta di un frusinate, anche se solo d'adozione, scatenò un'ondata di entusiasmo in tutta la città che durò diversi giorni. Due anni dopo, nel corso del 1892, i frusinati furono chiamati, nel giro di pochi mesi, altre due volte alle urne per eleggere il proprio rappresentante nel Parlamento nazionale.

La prima volta fu il 21 agosto di quell'anno a causa dell'improvvisa morte di Vittorio Ellena, uno dei tre eletti del Circondario, avvenuta il 19 luglio nel suo paese natale, Saluzzo, in provincia di Cuneo. Nella competizione elettorale straordinaria si confrontarono il candidato ministeriale Giuseppe Ellena, colonnello del Regio Esercito nonché fratello del defunto deputato Vittorio, e il tipografo di Frosinone Claudio Stracca, politicamente vicino agli ambienti più popolari della città. La candidatura di Giuseppe Ellena, voluta dal Presidente del Consiglio Giolitti, che godeva naturalmente del forte sostegno della Sottoprefettura e dei giornali romani, suscitò fortissimi malumori tra gli stessi sostenitori locali del Governo nazionale fino a produrre una profonda spaccatura tra i liberali di Frosinone, tanto che il Sindaco di Frosinone arrivò a dichiarare pubblicamente di non partecipare alla campagna elettorale e di astenersi dal voto contro l'ennesima candidatura "straniera" imposta al Collegio. I "dissidenti" liberali di Frosinone non presero per niente in considerazione la candidatura locale del tipografo Stracca il quale, in polemica con il candidato governativo, in un suo pubblico manifesto, aveva affermato che «i voti che nelle elezioni politiche raccolgono gli operai sono per le riforme economiche e sociali, quelli che raccolgono i militari sono voti per la causa del militarismo, che è la causa della pubblica miseria».

Stracca dichiarò poi che la sua collocazione politica era all'interno del nascente movimento operaio mentre i suoi sostenitori diffondevano in città un volantino con cui raccomandavano il voto per «l'operaio tipografo Claudio Stracca» e si ricordava come nell'antica Roma «i plebei lottarono contro i patrizi e salirono a reggitori dello Stato». Il vincitore morale di quelle elezioni fu sicuramente il Sindaco di Frosinone anche se il seggio alla Camera se lo aggiudicò Giuseppe Ellena: infatti sui 12.163 elettori del Collegio si erano presentati alle urne solo in 5.862 mentre furono ben 6.300 gli elettori che seguirono l'indicazione di Grappelli e dei suoi uomini per il boicottaggio del voto. Il colonnello Ellena non fece in tempo, però, ad approdare in Parlamento perché la sua elezione non poté essere convalidata prima per la chiusura estiva della Camera e, subito, dopo, per la scadenza naturale della legislatura. Le nuove elezioni politiche furono indette per il 6 novembre del 1892. La campagna elettorale e quel voto furono caratterizzati in tutta Italia da pressioni e azioni corruttive senza precedenti da parte degli ambienti governativi.

Giolitti arrivò, addirittura, a rimuovere ben 46 dei 69 Prefetti e con loro numerosi Sottoprefetti, a sciogliere moltissimi consigli comunali alla vigilia del voto e, a risultati acquisti, a farne annullare gli esiti in 19 collegi elettorali. L'attività di pressione e di corruzione degli apparati governativi si fece sentire anche a Frosinone con la sostituzione del Sottoprefetto a pochi giorni prima delle elezioni e, a soli sei giorni dal voto politico, con lo scioglimento del Consiglio comunale e, infine dopo il voto facendo ritardare per mesi la convalida del deputato eletto a Frosinone, Augusto Vienna, solo perché non di gradimento di Giolitti che aveva sostenuto ancora una volta Giuseppe Ellena. Il 3 novembre apparve sui muri della città un manifesto che informava i frusinati che il loro Consiglio comunale era sciolto e che il funzionario del Ministero dell'Interno, Alfredo Del Mazza, aveva preso il posto del sindaco Grappelli essendo stato nominato Regio commissario straordinario di Frosinone.

Appena venuto a conoscenza dei decreti di scioglimento del Consiglio comunale Grappelli indirizzò a sua volta un manifesto ai cittadini di Frosinone con il quale, tra l'altro, riferiva sul tempestoso colloquio avuto qualche giorno prima con il sottoprefetto Anceschi che lo aveva convocato per convincerlo ad appoggiare la candidatura del colonnello Ellena. L'incontro-scontro tra il Sindaco Grappelli e il sottoprefetto Anceschi suscitò un vero e proprio moto di solidarietà dei frusinati nei confronti del loro primo cittadino e ne aumentò enormemente la popolarità. Intanto in vista della scadenza dei sei mesi di commissariamento della città erano state fissate dalla stessa Prefettura, per il 30 aprile del 1893, le nuove elezioni amministrative generali. Pochi giorni prima del voto, il 20 aprile, il giornale "La Falce" di Oreste Fortuna aveva ripreso le sue pubblicazioni lanciando un appello ai suoi lettori: «Sono prossime le elezioni amministrative. Noi ci rivolgiamo agli operai di carattere non ai sedicenti che danno il denaro al cento per cento, noi diciamo loro: fate la vostra lista; imponete che almeno la metà dei consiglieri appartenga a voi; imponete che nella lista siano inclusi due o tre contadini i migliori per educazione ed istruzione; imperciocché è giusto che una classe così numerosa sia anch'essa rappresentata in Consiglio». Non ebbe però alcun successo ancora una volta il tentativo di presentare una lista alternativa all'ormai popolarissimo Grappelli che, reduce dagli scontri con le autorità prefettizie, era visto da tutta la cittadinanza come il difensore della città da ogni sopraffazione governativa.

Il "listone" grappelliano, che tra l'altro comprendeva diversi volti nuovi della politica cittadina, poteva godere dell'appoggio di quasi tutte le correnti politiche cittadine, a cominciare dal deputato Augusto Vienna. La lista non comprendeva, però, come auspicato da Oreste Fortuna, un numero rilevante di "operai" e tantomeno di contadini: era presente, invece, il grosso imprenditore ceccanese Filippo Berardi, senatore del Regno e presidente dell'Amministrazione provinciale di Roma, il quale, però, non terminerà il mandato perché morirà tragicamente nella capitale il 9 marzo del 1895. I l voto del 30 aprile del 1893 decretò una facile affermazione della lista capeggiata da Grappelli. Entrarono nel Consiglio comunale Luigi Alberti, Gaetano Bouchard, Giacomo Bartoli, Filippo Berardi, Giuseppe Bracaglia, Francesco Bragaglia, Giuseppe Calderari, Filippo Carboni, Vincenzo Carboni, Luigi Ciceroni, Giovanni Battista Gabrielli, Giuseppe Galloni, Vincenzo Giansanti, Giovanni Battista Grappelli, Domenico Antonio Guglielmi, Augusto Lattanzi, Francesco Marchioni, Luigi Antonio Marini, Federico Napoli, Benedetto Pantanelli, Ernesto Paradisi, Antonio Parisini, Vincenzo Passerini, Luciano Politi, Nicola Renna Iannini, Giacinto Scifelli, Cesare Sterbini, Ettore Tinelli, Pietro Valle e Antonio Vivoli.

Acquisito il risultato del voto amministrativo il Regio commissario convocò, per il 5 maggio, il Consiglio comunale con all'ordine del giorno una sua relazione sui sei mesi di gestione straordinaria e, subito dopo, l'elezione del Sindaco e della Giunta. L'ormai ex commissario Del Mazza, dopo aver concluso il suo rendiconto, in nome del Re, dichiarò costituito, il nuovo Consiglio comunale cittadino e lasciò la presidenza dell'Assemblea a Giovanni Battista Grappelli che, nelle elezioni del 30 aprile, aveva riportato il maggior numero di suffragi. Il primo a prendere la parola fu Giuseppe Galloni che andò subito all'attacco del rappresentante del Governo: «Dobbiamo rallegrarci – affermò il consigliere – della relazione testé letta dal Regio Commissario. Ed invero era stato strombazzato ai quattro venti che gravi irregolarità eransi verificate in questa Comunale Amministrazione, tanto da doversi sciogliere il Consiglio; oggi, invece, dopo sei mesi che il Consiglio è stato sciolto, il Regio Commissario esordisce la sua relazione dicendo di dovere lealmente dichiarare che le gravi irregolarità non esistono». Galloni propose, alla fine del suo intervento, un ordine del giorno per impegnare il Consiglio comunale a riesaminare tutte le deliberazioni adottate dal Regio Commissario nel periodo della sua permanenza a Palazzo Ciceroni.

Cesare Sterbini, a sua volta, dopo aver denunciato la completa mancanza di motivazioni per la proroga di tre mesi del commissariamento del Comune, proponeva, in aggiunta all'ordine del giorno di Galloni, la nomina di una commissione per uno studio accurato della relazione del Commissario per, poi, riferirne al Consiglio. Anche Vincenzo Carboni presentò un suo ordine del giorno di forte protesta contro l'assurda accusa lanciata dal Commissario alla passata Amministrazione di essere diventata "una fucina elettorale" a sostegno alla candidatura di Augusto Vienna. Alla fine della riunione tutti gli ordini del giorno vennero approvati all'unanimità. Conclusa la prima parte della seduta si passò all'elezione del Sindaco e della Giunta comunale. Alla carica di primo cittadino venne confermato, ancora una volta, Giovanni Battista Grappelli che su 24 presenti ebbe 23 voti e una sola astensione, la sua. All'unanimità dei presenti fu eletta anche la nuova Giunta comunale con Giacinto Scifelli, Giovanni Battista Gabrielli, Domenico Antonio Guglielmi e Francesco Marchioni, assessori effettivi, Nicola Renna Iannini e Francesco Bragaglia, supplenti. Intanto le autorità prefettizie non avevano gradito affatto le critiche provenienti dal Consiglio comunale nei loro confronti: il 13 maggio il nuovo sottoprefetto, Bartolomeo Filippo Pino, che aveva da pochi giorni preso il posto di Anceschi, emise un decreto con cui sospendeva, nei suoi effetti giuridici, la deliberazione consiliare del 5 maggio nella parte relativa agli ordini del giorno dei consiglieri Galloni, Sterbini e Carboni. Dieci giorni dopo, il 22 maggio, a sua volta, il Prefetto della Provincia di Roma, Andrea Calenda, considerando «che dalla discussione degli ordini del giorno emergono parole di biasimo verso pubblici funzionari e di censura contro il provvedimento sovrano dello scioglimento del Consiglio e che è vietato ai consiglieri comunali di censurare gli atti emessi dal Governo nell'ambito delle sue attribuzioni e di esprimere apprezzamenti sull'operato dei pubblici funzionari, decretava il completo annullamento della delibera in questione».

Ancor prima di essere a conoscenza dell'ultimo decreto prefettizio il Consiglio comunale, riunito il 20 maggio, aveva deliberato l'istituzione di una "Commissione per lo studio della Relazione del Regio Commissario straordinario di cui alla delibera del 5 corrente". Furono eletti al delicato compito Giuseppe Galloni, Cesare Sterbini e Vincenzo Carboni, proprio i tre presentatori degli ordini del giorno bocciati dalle autorità prefettizie di Frosinone e di Roma. Il lavoro della Commissione andò avanti per alcune settimane e, sulla base della sua relazione finale, diverse delibere, a suo tempo adottate dal Commissario straordinario, vennero contestate e non ratificate dal Consiglio comunale. Dalle verifiche della Commissione sull'operato del Regio commissario i frusinati ebbero la conferma del carattere pretestuoso degli interventi di Giolitti, tramite il prefetto Calenda e il sottoprefetto Anceschi sul libero svolgimento della vita amministrativa della città per cui, quando il 24 novembre del 1893 arrivò a Frosinone la notizia delle dimissioni del presidente Giolitti, ci furono manifestazioni di esultanza nella città e nel Circondario.

Per la caduta del governo nazionale, in particolare, il giornale "L'Ernico" espresse tutta la sua soddisfazione in un suo editoriale del 5 dicembre del 1893. «Fra le imprecazioni della Camera e le maledizioni di tutta Italia – scriveva il giornale –Giolitti ha finalmente abbandonato il Governo. È caduto per non rialzarsi più! La famosa relazione dei Sette lo ha inabissato insieme ai suoi compagni. Gloria e onore a Napoleone Colajanni e Felice Cavallotti che da forti e coraggiosi, da veri degnissimi rappresentanti del popolo, han saputo far conoscere il putridume che si nasconde in certe sfere della Società». A Frosinone, il sindaco Grappelli ostentò, in maniera molto particolare, la sua soddisfazione per la fine del governo Giolitti. Infatti, sul primo numero del suo nuovo giornale cittadino "La Battaglia", Alessandro Fortuna il 7 dicembre del 1893 scriveva: «Il giorno della caduta del Ministero Giolitti si vedeva sventolare da una finestra della casa del Sindaco una malinconica bandiera. Evidentemente il comm. Grappelli dimostrava in quel modo contro il Giolitti il suo malumore per lo scioglimento del Consiglio municipale al tempo delle ultime elezioni politiche».

Grappelli non fu il solo, a Frosinone, a esporre la bandiera italiana per esprimere la propria esultanza per la fine del primo governo Giolitti. La Società Operaia seguì l'esempio del primo cittadino, anche se la cosa non piacque a tutti gli "operai"di Frosinone e, in particolare, al "marmista" che, in una lettera così firmata apparsa sulla "Battaglia", aveva scritto: «A noi operai poco importa la caduta di un ministero qualsiasi. Per noi la nostra meta è la rivendicazione del capitale. La bandiera operaia – concludeva il "marmista" – dovrebbe sventolarsi come la sventolò Spartaco, spezzando le catene quando alla testa de' suoi compagni schiavi sconfisse le legioni romane».