Alatri, centro storico, un incontro piacevole, una donna piena di risorse, impegnata nella vita quotidiana e nell'arte. Ma, in fondo, nel suo caso le due attività coincidono, perché Roberta Fanfarillo testimonia il suo estro artistico in ogni momento della sua giornata.

Quando ha incontrato l'arte?
«Più di vent'anni fa, grazie alla conoscenza di un artista locale, Benedetto De Santis. Prima di allora ero una sognante spettatrice, lontanissima dall'idea di divenirne artefice. L'intuizione e la modernità del linguaggio di Benedetto sono stati fondamentali per la mia predisposizione, hanno fatto in modo che si accentuasse quella curiosità sospesa e cominciassi a intraprendere con urgenza un'esperienza formativa più possibile consona alla mia personalità».

Che cosa è l'arte?
«L'arte è un universo interiore, è autenticità, istinto, libertà. Posso fidarmi di lei per mettere in atto un racconto visivo corrispondente alla mia natura emotiva. L'arte in generale è fascino, suscita armonia, nel suo equilibrio estetico contamina lo stato d'animo, diventa conforto e dove non conforta educa all'imprevedibilità del bello. Il bello, così necessario, è un potenziale insito in ciascun individuo, spesso sommerso o coperto dalla polvere della superficialità e, quando viene stimolato, mette in atto un intimo risveglio».

…perché l'arte non è mera riproduzione…
«Creare significa essere parte attiva della propria esperienza, con la scelta di un linguaggio personale che sia in grado di offrire un punto di vista diverso, che non si fermi alla soggettività ma ponga riflessioni in uno spazio di tempo e luogo universali. Non a caso prevale l'esigenza di interpretare anziché riprodurre fedelmente il mondo reale, gestire la monotonia e moderare l'irreversibilità delle cose. L'obiettivo è trovare la direzione per fuggire da una sorta di insofferenza verso la banalità in generale, troppo limitante nello sviluppo di un pensiero. Quella banalità che impedisce di vedere oltre le apparenze. Il suo superamento è il miraggio de "L'infinito" di Leopardi. Spesso quell'oltre la siepe ci chiude lo sguardo e l'anima, superarlo diventa emozione per l'artista che offre una chiave di lettura diversa a se stesso e all'osservatore».

Quanto è importante la tecnica?
«La tecnica che ogni artista sviluppa è specchio del proprio essere, ciascuno insegue la forma più congeniale per avvicinarsi alla propria completezza. Nel mio caso si tratta di acrilici, smalti, pigmenti, strumenti che favoriscano l'urgenza e l'immediatezza dell'emozione da fissare sui vari supporti. Spesso capita di voler superare anche il limite della superficie piatta della tela osando superfici in rilievo o sperimentando l'uso di supporti metallici e plastici, attratta da un risultato imprevisto derivante dalle caratteristiche intrinseche nella loro stessa natura. Volumi e materiali che non si fermino alla bidimensionalità, ma che interagiscano con lo spazio circostante, che possano stupirmi durante la creazione».

L'arte è anche impegno sociale?
«L'arte è cultura e testimonianza del tempo vissuto, ha il vantaggio di essere una via di comunicazione visiva immediata e come tale può essere molto incisiva nella divulgazione e molto efficace nel sociale. Può diventare strumento di denuncia e di provocazione, come la storia passata e contemporanea ci insegna. Segue di pari passo l'urgenza e la predisposizione dell'artista che la interpreta, la cui sensibilità ne avverte la priorità e il dovere morale».

Parliamo del mercato dell'arte attuale...
«L'arte ha una sacralità, il mercato ne è il contorno e rimane l'aspetto meno coinvolgente. Ma esiste. L'artista può scegliere di muoversi autonomamente o attraverso la collaborazione di figure professionali in grado di offrire una guida qualificata, con logiche mirate piuttosto che qualunquiste o autoreferenziali, in cui spesso incorre il mercato dell'arte contemporanea. Situazioni che possono generare disorientamento, prima di tutto nell'artista, aspirante al successo economico e personale, e poi nel fruitore, spettatore vittima della bulimia dell'offerta»

Qual è il futuro dell'arte tra pubblico e privato?
«Il futuro dell'arte necessita di un valido supporto pubblico agli artisti, un corretto mecenatismo da parte delle gallerie private ma anche la disponibilità in generale di spazi culturali che promuovano lo studio e la ricerca. Non mancano i talenti ma spesso mancano i professionisti che sappiano valorizzarli artisticamente e culturalmente, senza scadere nell'organizzazione di eventi prettamente commerciali. E la Ciociaria non è esente da questa considerazione».

Una delle parole che durante l'intervista cita più frequentemente è "urgente": il combinato disposto con il riferimento alla poesia leopardiana ci spinge a comprendere il forte contrasto interiore di Roberta, pressata da una parte dallo scorrere ineluttabile del tempo e dall'altra dall'impellenza della sua arte. Riuscirà, con quest'ultima, a fermarlo?