Sorseggiare un tè alle cinque di pomeriggio in un bistrot romano di piazza Beniamino Gigli intervistando un'affascinante cantante lirica protagonista degli spettacoli operistici del Teatro dell'Opera della capitale…non è un sogno! Angela Nicoli, originaria di Castelliri, si racconta ai lettori di Ciociaria Oggi.
Quando si è avvicinata alla musica?
«Nella mia famiglia la musica non era al primo posto nelle priorità quotidiane ma il canto, sin da bambina, era il mio gioco preferito. Ricordo con piacere le mie prime esibizioni, davanti allo specchio, con un canovaccio in testa e un mortaio di legno come microfono. L'unico mezzo che avevo per ascoltare e vedere musica era la tv che negli anni 80/90 offriva trasmissioni come "Fantastico" o "Drive In": adoravo Raffaella Carrà, Heather Parisi e Lorella Cuccarini, perché con loro si cantava e si ballava. La settimana dello "Zecchino d'oro", poi, era per me un appuntamento irrinunciabile: non perdevo nemmeno una nota, per la felicità di tutta la famiglia! Ma non finiva lì. Non essendoci i cellulari e neppure internet, per riascoltare e memorizzare meglio le canzoni obbligavo le compagne di scuola a ricantarle insieme durante la ricreazione. Veramente… non sempre durante la ricreazione!».
Una discola, insomma…
«Un momento importante per la mia formazione e che mi ha "inquadrato" in prospettiva di una dimensione professionale è stato l'acquisto di un pianoforte da parte dei miei genitori e le successive lezioni di musica. In realtà il canto e la passione per la lirica sono arrivati in un secondo tempo, anche grazie a un'amica, Martina, pianista e amante di questo genere musicale».
Che cos'è la lirica per lei?
«Un mondo affascinante, misterioso per certi versi ma anche universale, che riesce a coinvolgere a prescindere da tutto, una forma d'arte basata su storie comiche o drammatiche, frutto di un armonico connubio tra libretto e partitura musicale, arricchita da costumi d'epoca e scenografie affascinanti».
Come si è perfezionata la sua formazione?
«Dopo il diploma al conservatorio "Licinio Refice"di Frosinone e quello accademico di secondo livello in canto al conservatorio di "S. Cecilia" a Roma, ho frequentato accademie di perfezionamento e iniziato la mia attività teatrale nel 2003 al Teatro dell'Opera di Roma, dove tuttora sono impegnata».
E poi…?
«All'impegno operistico, che mi ha portato a esibirmi nei teatri di tutto il mondo, ho affiancato un'ampia attività concertistica, anche questa in ogni angolo del globo».
Qual è il suo repertorio? C'è un'opera alla quale è particolarmente legata?
«Il mio repertorio spazia da Mozart a tutto il 900 italiano e straniero, passando per le opere di Bellini, Donizetti e parte del repertorio rossiniano. Sicuramente mi esprimo meglio nel genere belcantista o nelle opere di Rossini come "Il Barbiere di Siviglia" o "La Scala di Seta", che risultano più adatte alla mia voce per il forte temperamento dei personaggi unito anche alla duttilità vocale. Tra gli operisti che prediligo non posso non citare Bellini, che rappresenta, dal mio punto di vista, l'incarnazione romantica del "belcanto italiano"; amo Verdi per il sentimento patriottico insito nella sua musica e Puccini per la ricercata analisi di tutte le sfaccettature del mondo femminile. L'opera alla quale sono particolarmente legata è "Carmen" di Georges Bizet, la prima che ho ascoltato, la prima che ho acquistato, la prima che ho cantato. "Habanera" è quasi sempre il brano di apertura di ogni mio concerto: lo sento mio e mi aiuta a rompere il ghiaccio nelle esibizioni».
Quanto è diffuso il canto lirico in Ciociaria?
«Purtroppo si conosce molto poco e pochi sono i sostenitori di questo genere musicale, da sempre considerato elitario, di difficile fruizione e impegnativo: "Nemo propheta in patria", oserei dire. Eppure sono convinta che una maggiore apertura da parte delle amministrazioni locali potrebbe rendere più popolare il canto lirico, suscitando vivo interesse nel pubblico e – perché no? – stimolando la passione dei giovani del nostro territorio, tra i quali potrebbero nascondersi i talenti del futuro».
Ancora non ci siamo liberati della pandemia, è in atto una sanguinosa guerra, sono diffusi tanti conflitti sociali: che cosa potrebbe fare la musica?
«Come diceva il grande Ezio Bosso, "la musica ci insegna la cosa più importante che esista: ascoltare. È come la vita, si può fare in un solo modo: insieme". La musica è dunque uno strumento potente, perché è capace di unire cuori, menti e anime in uno spirito unico, crea legami che superano epoche e confini, trasmette sentimenti di umanità e vicinanza che hanno il potere di abbattere barriere, travalicare confini, includere le diversità e vincere le divisioni dettate dalla violenza e dalla guerra».