Il nostro territorio è stato investito da tutte le malattie infettive a carattere epidemico diffuse in Italia, e in particolare nella vicina Roma, nel corso dei secoli: a partire da quelle dell'epoca romana e dell'alto medioevo. Particolarmente terribile fu poi la peste del 1300 che sterminò la quasi totalità della popolazione frusinate. Epidemie di tifo e di colera colpiranno, poi, ripetutamente Frosinone nei secoli successivi fino alla metà del 1800, quando Frosinone era ancora un piccolo centro di nemmeno 10.000 abitanti arroccato sul dorso di un colle con ampia vista sulla Valle del Sacco. Nella seconda metà di quel secolo l'abitato urbano era quasi del tutto racchiuso all'interno dell'antica cinta muraria della "cittadella" medievale, così come era stato più volte ricostruito dopo le numerose devastazioni subite da armate tedesche e spagnole nel corso del XVI secolo e francesi alla fine del 700.

All'interno di quel ristretto perimetro, sui resti di quelle antiche mura, si innalzavano costruzioni anche di più piani addossate le una alle altre su piazzette e vicoli stretti e tortuosi: quella conformazione solo in parte era dovuta allo scarso spazio a disposizione ma, anche, alle pressanti esigenze di protezioni e di difesa di una città frequentemente assediata e attaccata dalle soldatesche di turno. In quel contesto le drammatiche condizioni igieniche della città, soprattutto per la mancanza di acqua corrente, erano permanenti ed esponevano i frusinati a ripetuti pericoli per la propria salute. Come era avvenuto, per esempio, nel 1867 quando si diffuse, in tutta Italia, il colera che a Frosinone fu favorito dalle acque del Cosa inquinate dagli scarichi delle cartiere di Guarcino e dei numerosi mulini sul fiume a monte di Frosinone.

Il problema dell'acqua sembrò essere risolto dalla decisione del papa Pio IX di dotare Frosinone, alla fine del 1869, di una "Macchina" per portare nel centro abitato l'acqua captata da alcune sorgenti in contrada De Matthaeis, nei pressi della Mola Nuova. In realtà i continui blocchi nel funzionamento della "Macchina della Fontana" e la mancata realizzazione di un adeguato sistema di fognature continuarono, per diversi decenni, a mantenere nel centro urbano tutte le condizioni favorevoli al verificarsi di ricorrenti epidemie con alti tassi di mortalità infantile

In particolare i nuovi amministratori di Frosinone, ormai unita all'Italia, si trovarono, nell'ultimo scorcio degli anni 70 del 1800, ad affrontare due eccezionali emergenze: una rapida diffusione di un'epidemia di malaria che colpì le popolazioni di tutta la Valle del Sacco e una terribile carestia prodotta da ben tre annate consecutive di cattivi raccolti. Le malattie e la fame che imperversarono dal luglio del 1879 a tutto il 1880, colpirono mortalmente almeno il 10 per cento della popolazione tanto che nel Censimento generale del 1881 si registrerà un forte calo della popolazione in tutto il Circondario e, in particolare, nel Capoluogo. Alla data di quel censimento, infatti, gli abitanti del Circondario, che erano stati accertati in 155.155 nel 1871, erano passati a 150.150 mentre a Frosinone, dove i morti superarono le 250 unità, i censiti erano scesi dai 10.161 del 1871 ai 9.768 del 1881. Ma quali furono le cause della diffusione della malaria nel frusinate?

Nei primi mesi del 1879 furono registrate numerose e abbondanti precipitazioni che avevano fatto straripare tutti i fiumi e i torrenti del Circondario e poi, per mesi, le acque erano ristagnate nelle parti pianeggianti del territorio trasformando i campi lavorati in paludi malsane. Quella situazione determinò, dal mese di luglio di quell'anno, lo sviluppo a Frosinone della malaria nella sua forma più grave, la cosiddetta "febbre perniciosa" che provocava la morte in breve tempo. In un suo studio, il medico comunale dell'epoca, Francesco Pellegrini, individuò le origini del fenomeno nell'abbattimento, avvenuto negli anni immediatamente successivi all'unità d'Italia, delle selve di proprietà pubblica nelle Valli del Liri e del Sacco (a Frosinone quelle di Selva dei Muli e di Selva Piana) per lo sfruttamento del legname per le ferrovie, le costruzioni romane e il carbone.

«Alla distruzione di quelle selve, che per secoli oltre a fornire con gli usi civici legname e ghiande per le popolazioni avevano garantito l'equilibrio ambientale, si aggiunsero nella primavera del 1879 – scriveva Pellegrini – le abbondanti piogge e alluvioni e i ristagni d'acqua che favorirono l'habitat ideale per le zanzare e quindi la malaria». Come se non bastasse, la popolazione di Frosinone, in particolare la classe dei contadini, fu colpita, nell'inverno fra 1879 e il 1880, anche da una tremenda carestia causata da una serie di cattivi raccolti. La drammatica situazione fu esaminata in un'apposita riunione del Consiglio comunale che si tenne il 24 novembre 1879: l'adunanza, chiamata a trovare soluzioni a favore della popolazione, fu aperta da una relazione del presidente dell'Assemblea, Nicola Marchioni, che denunciò «lo stato miserando in cui versano le classi degli agricoltori e dei braccianti di questo territorio».

Marchioni portò, poi, a conoscenza dei consiglieri comunali che il sindaco Grappelli aveva già, da parte sua, avanzato una richiesta alla Provincia di Roma per ottenere un mutuo di 30.000 lire che, anche se insufficiente per aiutare efficacemente «le classi povere e gli agricoltori», sarebbe stato di grande utilità per affrontare l'emergenza. Il dibattito che scaturì dalla relazione Marchioni fece emergere due posizioni circa l'utilizzo della somma richiesta alla Provincia. Da una parte il consigliere comunale Ricci proponeva di acquistare scorte di granturco da distribuire ai contadini mentre dall'altra i consiglieri Simeoni, Scifelli e Sodani sostenevano l'opportunità di impiegare gli agricoltori in lavori di pubblica utilità, osservando che i contadini di Frosinone, colpiti da ben tre anni di cattivi raccolti, erano talmente carichi di debiti che ben difficilmente sarebbero stati in grado di rimborsare il Comune del prestito in granturco.

Al termine della riunione fu quantificata in 40.000 lire la somma necessaria per concorrere a dare sollievo alle classi povere e agli agricoltori della città e si concordò, a maggioranza, di impiegare quella cifra per una somministrazione immediata di granturco. Qualche settimana dopo, nel corso della riunione del Consiglio comunale del 10 gennaio 1880, Grappelli dette lettura di un'altra richiesta di un aiuto finanziario, per complessive 57.000 lire, avanzata questa volta al Governo nazionale «perché al Municipio di Frosinone, deficiente di mezzi necessari, sia concesso un largo sussidio per quei lavori che si è proposto attivare in questa deplorabile stagione a sollievo delle classi indigenti». A quella richiesta erano allegati diversi progetti, con relativa documentazione, di importanti interventi di pubblica utilità e di speciale interesse per assicurare una possibilità di lavoro alle classi indigenti della città.

I lavori indicati dal relatore erano così elencati: «1. Recherebbe molta utilità aprire una nuova strada per accedere alla Stazione ferroviaria, giacché l'attuale dista dalla città cinque chilometri, quindi una strada che ne abbrevia la distanza si rende indispensabile, tanto più che Frosinone essendo divenuto sede del Distretto militare si accresce il bisogno della vicinanza della Ferrovia; 2. Il nostro Comune difetta di un Ospedale onde provvedere ai poveri ammalati e ai militari infermi; 3. Urge compiere i lavori del Camposanto, e quest'opera non può essere ulteriormente ritardata mentre l'attuale sito è quasi interamente occupato, ed ogni indugio può nuocere alla salute pubblica; 4. Infine essendosi diroccata una parte del fabbricato ad uso delle scuole pubbliche, è oltremodo necessario provvedere subito alla ricostruzione del fabbricato per provvedere alla pubblica istruzione».

Nei fatti tutti quei lavori, pur così chiaramente indicati e programmati, non vennero, almeno nel breve termine, eseguiti: la strada per la Stazione (l'attuale Viale America Latina, per esempio, sarà costruita solo intorno al 1900, i lavori per l'Ospedale civico inizieranno nel 1884, l'allargamento del Camposanto si farà solo alla fine del 1882 mentre il restauro del fabbricato delle Scuole pubbliche non verrà mai eseguito preferendosi ricorrere all'affitto di locali presso privati. Il mancato utilizzo, nell'immediatezza dell'emergenza, di quei fondi non consentì, ancora per lunghi anni, alle famiglie contadine di Frosinone, che costituivano la stragrande maggioranza della popolazione cittadina, di uscire dalle loro tristi e disperate condizioni di vita.