Alle presenza di molti, assorti, uditori si è svolto ieri l'o rmai consueto appuntamento con i "Giovedì dell'Accademia". Ospite della giornata è stato il genio di Marco Tirelli, artista poliedrico e protagonista indiscusso nel mondo dell'arte, attivo sin dagli anni Settanta sulle scene del nostro background culturale. Marco Tirelli s'inserisce a pieno titolo nella terza corrente dell'arte romana, quella della Scuola di San Lorenzo, spiccando per una composita ricerca stilistica che sdogana l'unilateralità della rappresentazione, offrendone una versione cangiante, modulata concettualmente sui versanti della figurazione. Scultura, disegno, collezionismo, fotografia: l'artista ha commentato solo alcune delle sue opere esposte con successo nelle maggiori gallerie di tutto il mondo.
Come in un processo di distillazione, l'alchimista Tirelli separa la raffigurazione dall'intento di prevederne un'universale percezione, instaurando così una dimensione estemporanea, silenziosa, di penetrazione mentale che procede oltre le cose, in un climax di emozione viscerale che ne moltiplica la direzione e l'impatto. «Perspicere, guardare attraverso, è un atto d'amore per la realtà», così intende la fruizione dell'arte il pittore, che stratifica l'opera in una matrioska di riferimenti. «La mente è una piazza dove s'incrociano immagini che attendono di essere fecondate», fertile è lo sguardo, l'arte la chiave di volta per trapassarne il confine fisico. In quest'aura metafisica di libera interpretazione e indagine nell'arte, Tirelli insiste sull'ipnotica versatilità dell'oggetto, negazione di un originale rimpiazzato dalla rielaborazione, illusione sensibile, «tentativo di volo, di contenere l'infinito come vento in una scatola».
Immersione "magica" nella sostanza, viaggio introspettivo, diario di bordo che raccoglie e sparge frammenti di mondo e di vita nelle potenzialità del visibile: l'universo di Marco Tirelli svela l'abisso della profondità manovrando gli elementi del contrasto e della prospettiva, e offrendo all'osservatore il trampolino di lancio per saltare oltre l'ostacolo della materia, sdoppiata e infinita nella sua ricchezza di senso. «Siamo quello che attraversiamo» conclude l'artista l'incontro con la città e gli studenti a palazzo "Tiravanti" citando il poeta, scrittore e giornalista statunitense Walt Whitman, passeggeri distratti sulla superficie delle cose.