"Il mondo agropastorale di Ciociaria e dintorni, dal mito alla deindustrializzazione": questo è il titolo della mostra in corso a Sora fino al 16 aprile nel Palazzo della Cultura. Ne parliamo con il curatore, Giuliano Fabi.

In che cosa consiste la mostra?
«In un percorso didattico a disposizione delle scuole per il recupero dell'identità locale nella sua memoria, che stimoli l'orgoglio di appartenenza, il rispetto dei beni storici, artistici e naturalistici, nella speranza che tanti giovani scoprano una vocazione. Abbiamo, poi, bisogno di imprenditoria locale e servizi per il turismo, recupero di tradizioni e buona cucina di cui son ricche le famiglie del nostro territorio».

Quali sono i periodi storici a cui fa riferimento?
«Sono sette i "capitoli" in cui si divide la mostra per quattromila anni di storia: il mito e l'antichità, le invasioni barbariche e l'epoca benedettina, il feudalesimo, l'età napoleonica, l'Unità d'Italia, l'emigrazione e l'industrializzazione».

Nel titolo della mostra si fa riferimento al mito legato a questa terra: a che si riferisce?
«Saturno era il re degli dei, siccome gli era stato predetto dall'oracolo che uno dei suoi figli lo avrebbe detronizzato, allora si cibava sistematicamente di tutti quelli che partoriva Giunone. Ma una volta la madre degli dei non riuscì a nascondergli l'ultima gravidanza: nacque così Giove e la profezia si avverò. Saturno, cacciato dall'Olimpo, errò nel Lazio e fondò le cinque città megalitiche il cui nome comincia per A: Atina, Arpino, Alatri, Anagni e Antinum, oggi Ferentino».

All'interno del percorso c'è un settore che riguarda più da vicino Sora: qual è?
«Partendo un po' da lontano, quando Garibaldi sbarcò a Marsala promise le terre ai contadini. Poco dopo, a Teano, contraddisse questo intento consegnando il Meridione a Vittorio Emanuele II. Al potere del Nord convenne mantenere inalterata la forza dei proprietari terrieri del Sud al fine di garantirsi il loro sostegno. La coscrizione obbligatoria e la tassa sul macinato, però, aggiunsero altro malcontento. I contadini si ribellarono in quella guerra di popolo, repressa nel sangue, definita "brigantaggio post-unitario". Qui, a Sora, restano famose le scorribande del brigante Chiavone, il quale, a capo dei contadini della Selva, impegnò a lungo i piemontesi sulle nostre montagne».

Il percorso si conclude con l'attualità del sorano e, più in generale della Valle di Comino…
«Dopo l'industrializzazione degli anni 60, la crisi successiva degli anni 70 e l'emigrazione, abbiamo perso professionalità, tradizioni, prodotti tipici e, soprattutto, viviamo la difficoltà di far rinascere qui la buona agricoltura e di vivere serenamente la nostra terra. In questi ultimi tempi ci sono fermenti culturali in atto ma, purtroppo, le istituzioni centrali sono ancora lontane dal riconoscere la ricchezza a 360° della nostra terra».