Il grande dramma del Calvario che ispirò poeti, pittori ed artisti di ogni genere e di ogni epoca, rivive lungo le strade e sulle piazze di Alatri, trasformando l'antico e storico borgo in un'altra Gerusalemme.
È la notte del Venerdì Santo, della sacra rappresentazione che affonda le sue radici nel 1800, una singolare tradizione popolare di grande fascino, un "unicum" del patrimonio culturale alatrense, capace di resistere all'usura del tempo, all'azione delle mode, alle abitudini che cambiano, rispettando un cliché non scalfito dai secoli e che si basa su una ritualità ben precisa e sconfinante nel campo antropologico.
Il Venerdì Santo ad Alatri è infatti impregnato di quella intensa spiritualità che prevede anche un forte coinvolgimento da parte del fedele, attraverso una visione concreta dei dolori del Cristo. E, nel tempo, ad un copione pressoché consolidato, che coinvolge circa cinquecento figuranti, vestiti nei costumi dell'epoca di Gesù, si sono aggiunte altre iniziative, non un semplice "contorno", ma un completamento del racconto evangelico.
Per cui, ai quadri classici della processione storica, dobbiamo associare gli ulteriori appuntamenti. A partire da quello di domani, in piazza Santa Maria Maggiore (ore 19) con i "Cori in piazza": l'esibizione delle compagnie che ripropongono le struggenti melodie del "Miserere", la cui semplicità delle note si contrappone a quella sfumatura espressiva unica che lo rende il canto adatto al Venerdì Santo.
Giovedì 6, invece, presso il chiostro di San Francesco (ore 19, 20, 21 e 22), la rappresentazione dell'Ultima Cena, in cui Gesù istituisce l'Eucaristia. A seguire, alle ore 24, nella non lontana chiesa di San Matteo, l'esposizione delle statue che il giorno successivo apriranno il corteo, ripresentando così al pubblico una tradizione che negli anni era venuta meno.
E venerdì 7 il giorno più importante: si inizia alle ore 20 con la rappresentazione del processo a Gesù in largo Curzio Castagnacci (ore 20), l'area sottostante piazza Regina Margherita; lo stesso luogo dove, alle 22.30, si svolgerà l'atto finale della Crocifissione.
Nel mezzo, il momento-clou della processione, con le scene ispirate alle stazioni della Via Crucis e alle narrazioni dei Vangeli, con i suoi quadri diventati nel corso del tempo sempre più numerosi, curati e organizzati secondo un percorso itinerante per le strade del centro, il che accentua la forte corporeità della rappresentazione e la partecipazione emotiva del pubblico, sempre cospicuo.
Antichi ritmi di trombe e tamburi eseguiti con solennità malinconica e penetrante cadenzano il passo del corteo, che rievoca la passione di Cristo. È rito e spettacolo insieme, è sentimento religioso e suggestione, è dolore e angoscia per il credente ma anche attenzione e curiosità per chi non ha fede.
È un miscuglio di sensazioni che non perde mai forza, nonostante il trascorrere degli anni, pronto a rinnovarsi sempre con inusitata energia.
Sensazioni che non cessano, quindi, di stupire. E se, alla fine, si giunge nel centro di Alatri con la convinzione di assistere ad una manifestazione popolare, si rimane poi conquistati, quasi come bambini, dalla bellezza e dalla naturalezza dei movimenti di massa, dalla fedeltà e dalla policromia dei costumi, dalla dignità delle scene austere, dall'imperturbabilità dei centurioni romani, dalla sofferenza patita da Cristo e da Maria, dal lamento lento dei cori descritto prima.
A questo punto non siamo più semplici spettatori, né studiosi di folclore, né persone attratte dal teatro e dalla recitazione, siamo invece creature nude, siamo soli con la nostra miseria, gli occhi rivolti alla viva ripetizione di un evento che ci sembra l'unica risposta accettabile al nostro interrogativo esistenziale. È il Venerdì Santo ad Alatri.