Ciò che sorprende – e meraviglia per sguardi e indugi – è l'irriducibile desiderio, di Enzo Sabatini, di concederci stagioni al pari di inedite gratificazioni. Non trascorre anno che l'irruzione di nuove geometrie – e mai usati bagliori – sia l'appuntamento dell'amico fidato, dell'artista che offre voce alle campiture del vermiglio –nelle sue storiche declinazioni – e della biacca lucente, ovvero del verde che si fa trincea e pianoro; al pari di un turchese dalle mille figliolanze. Non passa anno che le sue "scritture" non abbiano assorbito l'indole del tempo: centellinato, origliato, teneramente compagno.

La mostra di "carte" che ci apprestiamo a percorrere è l'indizio sostanzioso – quasi prologo nutritivo – della grande mostra di dipinti che Sabatini pittore ci offrirà nel prossimo autunno e che segnerà – ne ho certezza – un ulteriore transito della sua straordinaria carriera di artista.
Godiamoci ora questa raccolta di battiti, di solarità inconsuete, di una visione per nulla ordinata o confortata dalla maturità. Sono minuscoli palpiti che distinguono – per chi da sempre conosce il suo "sillabario" – il sogno di un altrove che è fitto di inconsuete risoluzioni, di nuovi orientamenti.

La "trasparenza" satura gli spazi ricucendone i confini: il mare si fa conquista lieve di cromie; così il cielo, mai luminoso come ora. Carte preparatorie diremmo, ovvero modelli introduttivi, minute dichiarazioni di intenti comunque capaci di vivere – lo dimostra questa straordinaria raccolta – una propria indipendenza narrativa, un linguaggio di prospettive e sogni che, seppur affidato alla leggerezza della carta si manifesta come progetto intenso, intimo, di ritrovato stupore.