Davide Mancori (cinematographer e produttore)  è stato vicepresidente dell'Associazione Italiana Autori della Fotografia Cinematografica (A.I.C.), di cui attualmente è  direttore culturale.  È membro della giuria del Premio David di Donatello.

Lei è l'ultimo "testimone" di una famiglia di Autori della Fotografia che ha fatto la Storia del Cinema Italiano: insieme a Giovanni Lupi, in un immaginario dialogo con suo padre Sandro, ha dato alla luce (è proprio il caso di dirlo) il volume "Tre mani di cinema", in cui ripercorre la storia della sua famiglia e non solo, attraverso  aneddoti e ricordi, il tutto  corredato da 65 splendide esclusive immagini. Come è nato questo progetto editoriale?

C'è stata una curiosa combinazione esplosiva di fattori che ha unito, sapientemente,  la mia volontà profonda di fare outing di un pesante fardello interiore,  miscelata insieme al riordino di un enorme patrimonio di immagini appartenuto in parte a mio padre e alla sua famiglia, oltre che a me, catalogazione che stava avvenendo proprio in quel momento catartico.      La scintilla dalla quale è scaturita la scrittura è stato il suggerimento di un amico, il promoter e finanziatore del libro Riccardo Marconi,  che era a conoscenza dell'importanza di tutto il materiale fotografico in mie mani.    Con Giovanni Lupi abbiamo raccolto le idee e "filtrato" molte di esse depurandole da spurie narrando di un contesto grottesco e surreale per dare al libro un ironica leggerezza.   Se lo avessi scritto da solo avrei già raccolto diverse querele. 

 

Nel libro, come accennato, trovano posto suggestive immagini, tratte dai set di film che hanno fatto la Storia del nostro Cinema: quale, tra queste, preferisce e perché?

Forse le immagini che mi emozionano di più  sono quelle che, in grande formato e spesso su due facciate, sono inserite nella parte conclusiva del racconto.

Sono state tratte dai set del  kolossal epico "GENGIS KHAN", uscito negli States come "GENGIS KHAN , STORY OF A LIFETIME", pellicola mai uscita nelle sale italiane .   Sono immagini di "cinema" non di un film.    Sono momenti di storia  della cinematografia , gli ultimi nei quali una società di produzione italiana viene coinvolta  in un kolossal in coproduzione con gli USA.    Il costo di produzione della pellicola oltrepassò , nel 1992 , il tetto di 55 miliardi del vecchio conio.  Al termine di ogni giornata dei sei mesi di riprese, effettuate nelle diverse repubbliche della C.S.I. appena nata dallo scioglimento dell'URSS , ci contavamo in oltre duecento persone nella sala del ristorante dell'albergo.   Erano i tecnici e le maestranze italiane e statunitensi cui,  ad ogni mattina, si univano quelle kazache, uzbeche, kighize, turkmene  o cinesi , a seconda della zona ove era impegnata la produzione.  In pratica , ogni giorno sul set c'erano oltre trecento persone e dodici macchine da presa distribuite sulle varie unità.    Le immagini nel libro descrivono solo in parte questo modo "ciclopico" di fare cinema.     

 

Fin da bambino lei ha respirato l'aria del set, tant'è vero che nel film "7 dollari sul rosso" (regia di Alberto Cardone) lei debutta ufficialmente sul grande schermo, in veste di giovanissimo attore: un suo ricordo?

Un ricordo , ahimè , drammatico che ha accompagnato i miei pensieri per non poco tempo.   Impersonavo un bambino che , in una fattoria del lontano west , venivo rapito da mia madre mentre ero intento a scaldarmi accanto ad un camino.  Nell'azione , uno dei protagonisti, mi metteva nelle mani di un grosso pistolero  posto su un cavallo che, immediatamente, correva via sullo stesso.   I pianti e le mie grida , conservati in originale nella versione inglese del film, non erano di finzione.

 

Cosa può dirci, invece, del suo esordio, questa volta, dietro la macchina da presa?

Le prime lontane esperienze come "aiuto aiuto aiuto assistente operatore"  ( in realtà mi facevano fare di tutto – anche il caffè - senza però permettermi di toccare la macchina da presa) fu nel film di Giorgio Stegani "DISPOSTA A TUTTO" , interpretato da Eleonora Giorgi e da Bekim Fehmiou in una terribile e movimentata  Venezia cui arrivavano le struggenti vibrazioni di Gemona che crollava nella seconda fase del terremoto del settembre 76.     Grazie a mio padre Sandro ,lavorai in seguito su "PICCOLE LABBRA"  (dir. Mimmo Cattarinich) , "YETI" (F. Kramer) , "AMORI STELLARI" (B.Albertini) e "SBIRULINO"(F.Mogherini).  Erano pellicole considerate B movie.  Il primo vero film  importante come assistente operatore fu nel 1982 con una produzione italoamericana dal titolo "SHE" diretto dal regista israeliano Avi Nesher.   Fu un piccolo kolossal. 

I primi lavori come DOP arrivarono dalla televisione dal 1989.  Ho girato molti documentari in decine di latitudini , anche estreme, filmando da Longyearbyen  nell'arcipelago delle Svalbard,  sino a Puerto Williams nella Patagonia più estrema , vari deserti , picchi andini , steppe e tanti luoghi particolari .

 

Il film che porta la firma della famiglia Mancori a cui è più legato?

Il film cui sono più legato è "HEY AMIGO, C'E' SABATA, HAI CHIUSO", diretto da Frank Kramer.  Alla direzione della fotografia mio padre Sandro Mancori, alla macchina da presa  mio zio Mario Sbrenna .  In quella pellicola è racchiuso uno scrigno di inquadrature , forse le più belle , che mostrano in tutta la sua fierezza gli stabilimenti ELIOS  e l'intero villaggio western costruito da Alvaro Mancori . Mai nessun Teatro in Europa possedeva le caratteristiche del villaggio che mio zio prestò gratuitamente a Sergio Leone per il primo film della triade del dollaro "PER UN PUGNO DI DOLLARI". Grazie ad una classe politica incapace ed ignorante  di quello splendido villaggio , che oggi avrebbe potuto essere un grande museo della cultura a disposizione di tutti, rimangono solo polvere e ricordi. 

 

Oltre alla fotografia cinematografica lei si occupa anche di produzione: cosa può dirci a riguardo?

Sono il titolare della Jinko Communications LTD, una società straniera che opera principalmente all'estero.  Per  l'Italia ho prodotto diversi lavori per conto RAI e Mediaset riferiti però ad un lontano passato.   Tra le produzioni cinematografiche segnalo" THE MARK", che ho anche cinematografato ,  realizzato in coproduzione con la Filmax di Barcellona nel lontano 2003 e diverse altre piccole produzioni documentaristiche.   Attualmente Jinko Communications è in preparazione di "BOARDERS"  una coproduzione con la Kino Film di Mosca , DOR FILM di Kishnew e  Castel Film di Bucarest. La regia sarà di Carlo Nero . Tra gli interpreti Franco Nero, Vanessa Redgrave e forse Juliette Binoche e Nastassja Kinski. Incrociamo le dita!  Se il film avrà inizio lo girerò in pellicola 35mm.  L'idea è piaciuta a tutti i partners del progetto.

Cosa significa (artisticamente) per lei essere oggi l'ultimo rappresentante di una famiglia in un certo senso "epica",   magistrale esempio di come la nobiltà dell'alto artigianato abbia segnato la storia di un Cinema (rigorosamente in pellicola) che oggi, purtroppo, non esiste più?

 

Non è mai stato vantaggioso nell'ambiente del cinema fregiarsi di un cognome così importante. Inevitabilmente il tempo ha portato via molti amici lasciando alle invidie e ai discorsi da bar immense praterie sulle quali pontificare del nulla.

Il cinema da cui provengo , quello fatto di puntualità , perizia, conoscenza, umiltà, rigore è stato  sostituito da realizzazioni di film che hanno , come unica ambizione, i bacini elettorali e i finanziamenti truffa con  l'evidenziazione di storture che hanno portato con se l'estinzione dei veri produttori, e anche  quella degli operatori di macchina mortificati da sedicenti autopromossi registi.   Il discorso è molto lungo e cadrei sicuramente in una disdicevole polemica. Meglio fermarlo qui e sperare in un futuro cambiamento che porti la settima arte al centro dell'attenzione considerando che , sino a quando non è stato creato il politicissimo "articolo 28" , le oltre 400 pellicole realizzate sino ad allora  ogni anno dagli italiani facevano "strike" nei mercati internazionali.   Oggi non le vuole più nessuno per ovvi e giusti motivi.