Dall'omonimo romanzo di Vasco Pratolini, Carlo Lizzani realizza nel 1954 "Cronache di poveri amanti". Alla sceneggiatura troviamo, fra gli altri, nomi di prestigio come quelli di Sergio Amidei e di Massimo Mida. La fotografia è di un maestro come Gianni Di Venanzo. Inizialmente per la regia si era fatto il nome di Luchino Visconti, ma il budget impose il nome di Lizzani con un risultato davvero eccellente tanto è vero che al settimo Festival di Cannes (sotto la presidenza di giuria di Jean Cocteau), il film vinse il Prix International. La vicenda si svolge a Firenze nel 1925 in anni che la voce fuori campo definisce «difficili e oscuri». Alberto Moravia su L'Espresso dell'11 aprile 1954 scrisse queste parole: «Ma Lizzani ha sacrificato i drammi individuali al dramma collettivo: mentre la tristezza soffocante di quel periodo infausto della nostra vita nazionale ci prende alla gola con la sua particolare mescolanza di provincialismo meschino, di nazionalismo casalingo e sanguinario, di arbitrio, di violenza, di paura e di passività (...)».
Il tipografo Mario (Gabriele Tinti) va ad abitare in via del Corno come inquilino del maniscalco Maciste (più che buona la prova di Adolfo Consolini, medaglia d'oro nel lancio del disco alle Olimpiadi di Londra del 1948).
Quella strada è un microcosmo di persone che si conoscono, si spiano, spettegolano e tirano avanti la vita alla meno peggio. C'è il sorvegliato politico, il venditore ambulante Ugo (Marcello Mastroianni), le bambine, i ragazzi e «le donnine che come ogni sera vanno incontro alla città». Ascoltiamo ancora la voce fuori campo: «La notte via del Corno era tutta dei gatti, Palazzo Vecchio batteva i suoi rintocchi e dopo mezzanotte passava la ronda degli ammoniti». Il bianco e nero di Gianni di Venanzo diventa anch'esso un protagonista, una cappa che si erge a metafora dei tempi. La storia di Mario diventa «quella di tutti, giorno dopo giorno».
Alfredo e Milena (Giuliano Montaldo e Antonella Lualdi) sono appena tornati dal viaggio di nozze, due giorni a Roma. Per far decollare la loro pizzicheria vanno a chiedere aiuto alla "Signora"(Wanda Capodaglio), un'usuraia che sa tutto di tutti. Ugo e gli amici parlano della situazione politica: «A me sembra che si sia proprio noi a calarci le mutande con le nostre stesse mani (...). Il fascismo non lo si combatte con le becerate, c'è ben altro da fare (...). Ci attacchiamo alla legge, alla democrazia, intanto quelli ci legano le mani».
I problemi economici di Alfredo e Milena, mentre la luce continua ad essere un assoluto protagonista.
Una quotidianità in cui la gente non ha neppure i soldi per la spesa. La presenza dei fascisti è sempre più invischiante e minacciosa. Chiedono brutalmente ad Alfredo di versare la quota per il fascio ma l'uomo sembra non capire l'atmosfera: «Non è più il 21, ora hanno smesso di bastonare la gente».
Maria è scoperta dal marito ad intendersela con Ugo.
La figura invadente e pericolosa del ragionier Carlino (Bruno Berellini), fascista convinto e legionario fiumano: «Ti aspetto in federazione». Maciste rimprovera Ugo perché da un po'di tempo pensa solo alle donne e non ai tempi bui che stanno attraversando. La risposta di Ugo è pungente: «Quando compaiono tre scalzacani in camicia nera ve ne state a braccia conserte». Le parole provocano una lite fra lui e Maciste. Alfredo ha subìto un duro pestaggio da parte dei fascisti e gli amici lo hanno rinvenuto svenuto e insanguinato sul greto del Mugnone. È in ospedale. Le sue condizioni sono piuttosto gravi e Milena è costretta ad affittare la pizzicheria. Mentre commentano ciò che è accaduto ad Alfredo, Mario critica l'antifascismo che ha lasciato fare ritirandosi sull'Aventino. Milena è sempre più in difficoltà.
La vita della prostituta Elisa che cerca in ogni modo di sopravvivere in tutto quel grigiume. Continuano i pestaggi dei fascisti guidati da Carlino Bencini: «(con ironia) L'alata parola del Re invita gli italiani alla concordia!». In ospedale Alfredo, sempre più grave, sembra aver capito: «Sono gente istruita in questo genere di cose, sanno dove hanno a picchiare».
La voglia di una sana e tranquilla esistenza della gente strozzata dalle angherie fasciste. La figura emblematica del ciabattino Staderini (Garibaldo Lucii). È stato ucciso un fascista e il fascio viene mobilitato: «È suonata l'ora, stanotte regoliamo i conti con un reggimento di sovversivi». Bisogna vendicare Anfossi. Osvaldo (Mario Piloni), un fascista che al momento non è molto ben visto dalla federazione nonostante l'amicizia con Carlino, è pronto all'azione con la sua camicia nera con il teschio bianco. Ugo lo incrocia con sarcasmo: «Dove vai così bardato?».
La risposta è piena di fede cieca e ottusa: «Questa è per me la prova della riabilitazione! Abbiamo fatto una lista, domattina non ce ne dovrà essere in piedi nemmeno uno». Ugo lo aggredisce con disprezzo a schiaffi e a pugni. Il passaparola degli antifascisti che cercano di avvisare tutti quelli che sono sulla lista nera.
Sui muri di via del Corno scritte inneggianti a Girardengo e manifesti cinematografici: "Nelly la gigolette"(Emilio Ghione, 1915) e"Miss Gloria balla la danza del pavone"(Robert Leonard, 1922) . La corsa di notte col sidecar in una Firenze deserta e spettrale di Ugo e Maciste riappacificati per avvisare gli antifascisti in pericolo. La notte in cui sfreccia il sidecar è anche la notte della ragione, della legalità, del diritto, della cultura, della civiltà. I primi morti. Dalle finestre di via del Corno si rincorrono le voci angosciate delle mogli preoccupate per i loro uomini. I fascisti uccidono Maciste a pistolettate.
Mario e Milena inginocchiati vicino al suo cadavere e a quel sidecar che aveva sognato così a lungo. Ugo intanto si è rifugiato dalla "Signora" sicuro che lì non andrà a cercarlo nessuno. Le indagini formali della polizia. Carlino per un po'deve stare lontano da via del Corno ma non rinuncia alla sua spavalderia: «Se qualcuno cerca rogna avrà pane e companatico! (...).
Si è rivoltato il mondo: i delinquenti a spasso e la vecchia guardia in prigione». Ugo intanto si sta innamorando di Gesuina (Anna Maria Ferrero), la servetta della "Signora", e sta maturando un'ancora più forte coscienza politica: «Una notte come quella conta per cento anni, sono esperienze che rovesciano la vita di un uomo da cima a fondo». Il bacio fra i due. Sui muri i manifesti de "La figlia di Iorio".
Mario si dichiara a Milena e Alfredo che ha compreso il sentimento che lega la moglie all'altro, è morente.
Mentre gli antifascisti continuano nella loro attività clandestina, Carlino ha ripreso a frequentare via del Corno. La sua eleganza è una provocazione. La polizia preleva Ugo che è l'unico testimone della morte di Maciste. Arrestano anche Mario. Dopo un anno riesce a raggiungere la Francia. Milena lo segue dopo un po'. La vita continua in via del Corno. Un film esemplare ed emblematico realizzato a soli nove anni dalla fine della guerra, una folla di personaggi, uomini e donne, immersi in un clima blumbeo che restituisce le atmosfere, le situazioni e i modi di essere della realtà storica.