Una campagna elettorale caratterizzata dai veti e dalle spaccature interne ai partiti. Una campagna elettorale durante la quale nessun leader nazionale è venuto in provincia di Frosinone. Quando, fino a qualche anno fa, alle comunali si vedevano Silvio Berlusconi e Romano Prodi, Gianfranco Fini e Massimo D’Alema, Pierferdinando Casini e Rocco Buttiglione, Walter Veltroni e Francesco Rutelli. Indubbiamente la Ciociaria ha perso quella centralità politica che ha avuto per decenni, quando spesso faceva da “laboratorio”. Pensiamo al Comune di Frosinone, quando l’intesa tra il centrosinistra guidato da Domenico Marzi e l’Udr che faceva riferimento ad Adriano Piacentini anticipò di qualche mese l’accordo a livello nazionale tra l’allora presidente del consiglio Massimo D’Alema e l’area che si riconosceva in Francesco Cossiga, già Capo dello Stato. Adesso non c’è nulla di tutto questo, ma bisogna anche dire che sta pesando moltissimo l’accordo siglato due anni fa alla Provincia. Con Partito Democratico, Nuovo Centrodestra e Forza Italia dalla stessa parte, tutti a sostegno del presidente Antonio Pompeo. Quell’intesa ha aperto il varco, ma soprattutto ha dato la sensazione alla politica locale che i confini fossero saltati. Con una conseguenza: all’interno del Partito Democratico e di Forza Italia le varie “anime” hanno avuto una… via di uscita. Francesco Scalia non riusciva a far passare all’interno del Pd la candidatura di Antonio Pompeo alla presidenza della Provincia? Nessun problema: accordo con l’Ncd di Alfredo Pallone e con Forza Italia di Mario Abbruzzese. Per la presidenza del Consorzio Asi Francesco De Angelis non otteneva il via libera dell’area di Scalia nei Democrat? Niente paura: intesa con il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani (Forza Italia) e tutto a posto.
Ma intanto le lacerazioni interne hanno assunto delle proporzioni enormi. Impossibili da ricomporre alle elezioni comunali.
E adesso il caos è totale.