Oggi e domani si presentano le liste per le candidature ai dodici posti di consigliere provinciale. Il voto è fissato per domenica 8 gennaio. Probabilmente ci saranno quattro liste, per un totale di 48 designati. La vera posta in palio è quella della "conta" dei partiti, esterna e interna. Un test importante per Partito Democratico, Forza Italia, Partito Socialista e Area Popolare.
Ma i paradossi non mancano. La vittoria del No al referendum ha mantenuto la rilevanza costituzionale di questi enti. E' difficile capire allora come questo "status" sia compatibile con l'impostazione della legge Delrio, che ha trasformato le Province in enti di secondo livello. Nei quali alle urne non è chiamato il popolo sovrano, ma soltanto gli amministratori, 1.070 sindaci e consiglieri dei 91 Comuni per quanto riguarda la nostra provincia. I quali eleggono loro colleghi, attraverso il meccanismo del voto ponderato, che calcola il "peso" dei Comuni più grandi a scapito del principio "una testa, un voto". Quindi, mentre per i consiglieri si vota ogni due anni, per il presidente ogni quattro. Perché? Perché sì.
In questi anni le Province sono state svuotate di competenze, di personale e di risorse, ma hanno mantenuto moltissime funzioni, che però non riescono ad espletare per mancanza di soldi. Nessuno interviene. La verità è che la legge Delrio, come altre riforme, era stata approvata e attuata in attesa della "rivoluzione referendaria". Che invece si è tramutata in una beffarda controriforma. Il punto è che occorrerebbe aprire una stagione legislativa seria per ripensare molte cose, anche il ruolo e i meccanismi delle Province. Ma non c'è tempo: tra elezioni politiche, comunali e poi regionali le Province vanno bene così. Perlomeno servono ai partiti per definire equilibri e rapporti interni.Così sia.