Sono anni che Frosinone continua a perdere residenti. Gaetano Ambrosiano, dirigente provinciale della Sinistra Italiana, ha ricordato che lo spopolamento del capoluogo si aggira sul 13%. Un dato sul quale si riflette poco. Frosinone ha poco più di 46.000 residenti. Tanto per fare un paragone Latina ne conta più di 126.000. Il capoluogo “tira” moltissimo anche sul piano provinciale, in termini di immagine ma pure economici. Parliamoci chiaro: meno residenti significa meno persone che pagano le tasse, che alimentano i consumi, che acquistano case oppure che le affittano. Già questo basterebbe. Ma c’è dell’altro. A Frosinone doveva sorgere uno scalo aeroportuale civile. A Frosinone doveva essere realizzato anche un interporto per favorire lo scambio di merci tra ferro (treni) e gomma (autoarticolati). Poi doveva esserci il riconoscimento del Dea di secondo livello all’ospedale del capoluogo. Nulla di nulla.
Il sindaco Nicola Ottaviani in una recente seduta consiliare ha detto chiaramente che molte persone sono andate via da Frosinone anche e soprattutto per avere la possibilità di acquistare un appartamento o un villetta in Comuni limitrofi, dove il mercato immobiliare è più accessibile. Il primo cittadino ha pure fatto riferimento all’edilizia economica e popolare. Sicuramente ha ragione. Ma forse c’è anche dell’altro: il capoluogo non riesce ad esercitare quella necessaria capacità “attrattiva”, soprattutto dopo che molte aziende sono state travolte dalla crisi. E’ mancata nei decenni un’idea di città e lo sviluppo ipotizzato dal Piano Regolatore Generale (centomila abitanti) è rimasto una pagina mai scritta del libro dei sogni. Quello che sorprende è che un tema del genere non sia mai stato portato all’attenzione del consiglio comunale. Magari per discutere di un serio piano di rilancio del centro storico o delle periferie.