Roma, 7 nov. (Adnkronos Salute) - Per le donne che ingrassano si innescano meccanismi cerebrali diversi dagli uomini, e piuttosto sfavorevoli, che rendono molto difficile dire no a un cibo goloso. Soltanto nel sesso femminile, infatti, un elevato indice di massa corporea (Bmi) è associato a un aumento del metabolismo cerebrale nella corteccia orbito-frontale e a una connettività neurale particolare: nei circuiti cerebrali legati al controllo e alla decisione si riscontra una ridotta connettività, che invece risulta aumentata nei circuiti legati alla gratificazione e alla ricompensa. Un meccanismo che potrebbe finire per ridurre la capacità di auto-controllo di fronte ad alimenti golosi, anche se non si ha fame.

E' quanto emerge da uno studio pubblicato su 'Aging' dai ricercatori dell'Irccs Policlinico San Donato, dell’università Vita-Salute San Raffaele e dell’Irccs ospedale San Raffaele, che ha analizzato i correlati metabolici del cervello rispetto a diversi livelli di Bmi, in un gruppo di 222 soggetti anziani. I risultati, ottenuti tramite Pet con fluoro deossi-glucosio, mostrano un legame, presente solo nei soggetti di sesso femminile, tra alto indice di massa corporea, alterato metabolismo cerebrale e connettività neurale, che indica un forte effetto di genere nel sovrappeso e nell’obesità in donne con età media di 74 anni.

Oltre all’aumentato metabolismo della corteccia orbito frontale (prevalentemente nell’emisfero anteriore destro), sono stati riscontrati aumenti di connettività nella corteccia frontopolare e nell'insula destra. Mentre la prima è una regione chiave per la motivazione e il controllo delle funzioni complesse, come il comportamento orientato agli obiettivi, la seconda è associata ai processi di ricompensa legati al piacere di alimentarsi. Si tratta di regioni del cervello, spiegano i ricercatori, coinvolte in maniera cruciale nella regolazione della cosiddetta 'fame edonica', che ci spinge a consumare cibo solo per le sue proprietà gratificanti, indipendentemente dal contenuto calorico.

"Sappiamo già da tempo - spiega Livio Luzi, responsabile dell’area di Endocrinologia e malattie metaboliche dell'Irccs Policlinico San Donato e ordinario di Endocrinologia al dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell'Università degli Studi di Milano - che l'obesità differisce nelle donne e negli uomini per diversi aspetti: la prevalenza dell'obesità è più elevata nelle donne (38,3%) rispetto agli uomini (34,3%), indipendentemente dall’età anagrafica e dall’etnia. Queste differenze di genere, rispecchiate anche nella composizione corporea, sono dovute a una molteplicità di fattori: ormonali, ambientali e anche dietetici, dato che sia i modelli alimentari sono diversi tra i sessi, sia il desiderio di cibo e la risposta cerebrale al tipo di gusto".

"Anche se la spiegazione di queste diversità è ancora oggetto di studio, le ragioni più probabili - aggiunge Luzi - sono da imputare anche agli effetti degli ormoni sessuali nella risposta del cervello al cibo. I dati analizzati in questo lavoro fanno pensare che l'esposizione a stimoli alimentari appetibili veda i maschi più efficaci delle femmine nel limitare l'assunzione di cibo. Per le donne in sovrappeso sarebbe materialmente più difficile esercitare un controllo inibitorio della fame e del comportamento alimentare".

"I nostri dati dovranno essere confermati in una popolazione di donne obese giovani, tuttavia la differenza di genere dimostrata qui nell'associazione tra Bmi e metabolismo cerebrale ci porta a diverse considerazioni per la pratica medica e la politica sanitaria: considerando che i meccanismi neurofisiologici attraverso cui riceviamo gratificazione dal cibo sono diversi, la cura e la prevenzione dell’obesità - conclude - dovranno in futuro essere modulate in maniera conforme a queste differenze, per offrire a ciascuno una soluzione più appropriata ed efficace per il controllo dell’alimentazione".