Roma, 14 apr. (Labitalia) - "Non v’è dubbio che se ci riferiamo alle ipotesi tipizzate, per quanto possibile, dal codice civile e giurisprudenza, la pandemia da Covid-19 non può essere considerata un immediato aggravamento del rischio. Del vero, però, gli effetti negativi ‘in via mediata’, presto o tardi emergerannoâ€. Lo dice all’Adnkronos/Labitalia Gaetano Scuotto, avvocato cassazionista, fiduciario di alcune tra le principali compagnie assicurative, nell’analizzare le possibili conseguenze economiche in danno delle compagnie, segnatamente alle polizze i cui rischi sono stati quotati in epoca antecedente alla odierna pandemia.

“Le difficoltà nella gestione straordinaria del Covid-19 - spiega - si trasfonde pedissequamente nella gestione dell’ordinario e questo, in termini di copertura assicurativa, significa aggravamento del rischio, pur senza che le compagnie incassino il proporzionale aumento del premioâ€.“Il decreto legge numero 23 dello 08.04.2020 - fa notare - non contiene le annunciate misure di contenimento volte ad argine le già sbandierate future azioni risarcitorie: questo si traduce, da un alto in implicito aggravamento del rischio, dall’altro espone le compagnie a dover, comunque, gestire un sempre crescente numero di sinistri che a lume delle pattuizioni non dovrebbero trovare coperturaâ€.

“Parallelamente - sottolinea - permane la cd gestione ordinaria dei sinistri, il cui numero è in continua crescita per effetto, indiretto, anzi prima dicevamo mediato, dell’emergenza Covid-19. Pensiamo alla trasmissione del virus per via endonosocomiale (da paziente infetto a paziente sano), oppure alla sempre più faticosa gestione di situazioni cliniche che in tempi di pace, si sarebbero risolte e gestite senza alcun rallentamento, senza alcun differimento, senza alcun effetto pregiudizievole per il cittadinoâ€. “E’ come una biglia su di un piano inclinato - fa notare Gaetano Scuotto - tanto più trascorre il tempo, tanto più guadagna terreno, tanto più viaggia veloce, tanto più sarà difficile fermarla. La pandemia è di per sé imprevedibile ed in termini giuridici non può costituire ipotesi di aggravamento del rischio perché al tempo della sottoscrizione era una ‘non ipotesi prevedibile’â€.

Di converso, “la responsabilità per il contenimento e/o la prevenzione, se sussistente, è da ricercarsi nella gestione politica della vicenda, è da ricondursi a chi, per posizione apicale, non ha posto in essere atti e/o fatti tali da impedirne la diffusione. Del resto è questo il principio che regola la responsabilità del datore ex articolo 2087 del Codice civile (tutela delle condizioni di lavoro)â€.

“La quotazione del rischio - avverte - è sintesi di diversi elementi certi, o quanto meno ponderabili, e laddove in progress, è legata alla stessa fonte, alla stessa genesi ben nota, certa e conosciuta alle parti: oggi ci troviamo di fronte ad un evento che ha squilibrato il sinallagma contrattuale, in uno alle sue pattuizioni, trascinando con sé la causa del contratto (premio c/ copertura)â€.

“Se si conoscevano - osserva - gli effetti del virus, e non si è provveduto ad arginarli, non v’è motivo di gravare sulle compagnie. Se gli effetti non si conoscevano, non v’è, ragionevolmente, motivo di consideralo aggravamento del rischioâ€. In entrambi i casi, “una polizza ad hoc, sembra necessaria, e ciò anche per salvaguardare la tenuta dei premi precedentemente quotati in relazione alle polizze in essereâ€.