Roma, 21 lug. (Labitalia) - Lavorare per un’azienda estera senza oltrepassare i confini dell’Italia? Non soltanto oggi è possibile farlo, ma per molti professionisti si tratta anche di una prospettiva allettante. Se la recente crisi sanitaria ha trasformato radicalmente il mondo del lavoro, imponendo l’adozione di soluzioni di emergenza quali lo smart working su vasta scala, allo stesso tempo si sono palesate nuove opportunità che, nel periodo pre-pandemico, erano state esplorate poco o nulla, proprio come la possibilità di lavorare da remoto per aziende oltreconfine.

Da una recente indagine di Wyser è così emersa la volontà, tra professionisti e manager italiani, di avere un rapporto di lavoro con aziende internazionali ma dall’Italia: a dirlo è il 93% dei rispondenti su un campione di oltre millecinquecento persone. Le motivazioni sono molte e varie: per vivere un’esperienza internazionale senza allontanarsi dalla famiglia, per esplorare nuove prospettive e metodologie, per affrontare nuove sfide, per aiutare l’ambiente riducendo gli spostamenti casa-ufficio o anche per ridurre il tasso di disoccupazione.

E la mancanza di contatto umano? Non spaventa, perché "l’empatia non conosce confini' e la componente umana 'si può coltivare anche dietro uno schermo' – pensieri forse frutto di un anno di social distancing. I risultati del sondaggio evidenziano la volontà dei lavoratori italiani di sfruttare a pieno le potenzialità del remote working, confermando così i dati di una ricerca Wyser del 2020 in cui il 60% degli intervistati si dichiarava pronto a cambiare lavoro in caso di un ritorno a tempo pieno in ufficio. Tali dati sono anche in linea con i trend internazionali: secondo una ricerca di McKinsey il 52% dei lavoratori desidera un futuro del lavoro più flessibile.

Se dunque, da una parte, c’è una forte propensione verso il lavoro da remoto per aziende con sede all'estero, dall’altra non manca chi farebbe l’esperienza opposta, lavorare per l’Italia da un altro Paese. Per il 42% dei partecipanti al sondaggio la Spagna rappresenta la metà più gettonata per un’esperienza professionale oltreconfine, seguita da Regno Unito (31%) e Francia (11%). Il restante 16% punta non solo a mete europee come Portogallo, Irlanda o Germania, ma guarda anche oltre, fino ad arrivare alla Cina, all’Indonesia o agli Stati Uniti. Tale scelta è dettata non solo da elementi prettamente professionali, ma anche da quelli culturali e dallo stile di vita della nazione indicata, un orientamento condiviso dal 71% degli intervistati, per cui la qualità della vita rappresenta il principale fattore da valutare nella scelta del paese estero da cui continuare a lavorare per aziende con sede in Italia.

"La dematerializzazione del luogo di lavoro apre a nuove e stimolanti opportunità per la carriera dei professionisti italiani. La possibilità di sviluppare e mantenere rapporti di lavoro da e per l’estero rappresenta una fonte di arricchimento non solo dal punto di vista professionale ma anche personale", commenta Carlo Caporale, amministratore delegato di Wyser Italia.

"L’avanzamento tecnologico che consente ai manager di continuare ad esplorare le potenzialità legate al lavoro da remoto era già in parte diffuso nei settori finance e insurance, management, professional service e it, oggi si allarga anche ad altri ambiti. In questo contesto globale, diventa necessario per il candidato poter contare su un head hunter con una profonda conoscenza dei mercati locali, che possa quindi guidarlo nel suo percorso di carriera e individuare opportunità inaspettate", conclude.