Probabilmente siamo tra quelli che hanno difeso questa squadra e il suo allenatore più di altri. È per questo che oggi ci sentiamo traditi come pochi. Molto di più rispetto a tanta gente che già in estate parlava di un Frosinone costruito male e quindi impossibilitato a competere nell'arco della stagione con corazzate come ad esempio il Verona, il Bari o lo Spezia. Per trequarti del torneo il campo ha smentito i molti denigratori ma poi, purtroppo, sono venute fuori delle piccole lacune, che proviamo a sviscerare più in là, e oggi a "sorridere sotto i baffi" sono propri quei gufi che speravano in un flop dei canarini. Gente che non ha mai visto una gara lontano dal Comunale, capace soltanto di criticare, e in maniera mai costruttiva, seduto comodamente sulla poltrona di casa. È per questo che oggi ci sentiamo traditi come pochi. Perché questa mancata promozione fa molto più male della retrocessione della passata stagione. Per il modo in cui è arrivata, sicuramente, ma anche e soprattutto perché questo Frosinone era senza possibilità di smentita il più forte di sempre nella storia del club ciociaro. E, non ultimo, il campionato che sta per chiudersi molto più scarso, ad esempio, di quello della storica ascesa in Serie A della banda Stellone. Per cui basta con l'alibi che il Frosinone ha chiuso la stagione con la "bellezza" di 74 punti.

Le squadre assomigliano ai loro allenatori
Oggi sarebbe facilissimo sparare su questo o quel protagonista della stagione. Da Marino all'ultimo dei calciatori. Non l'abbiamo mai fatto in passato e tanto meno accadrà ora. Però non possiamo nemmeno nascondere la testa sotto la sabbia e far finta di nulla. La verità è che con l'andare delle giornate le squadre, in un modo o nell'altro, assomigliano ai loro allenatori. E questo Frosinone, da spavaldo, spocchioso e a volte anche irritante, pronto a giocarsela a viso aperto con tutti a rischio di prendere cinque gol, come accadeva con il suo vecchio tecnico Roberto Stellone, nella stagione appena conclusa si è dimostrato opaco, a volte quasi triste e, soprattutto, insicuro. Caratteristiche caratteriali di Marino? Se non tutte in gran parte certamente. Perché se da un lato è vero che ad andare in campo sono sempre i calciatori, dall'altro è innegabile che un tecnico può e deve trasmettere alla squadra fiducia, tranquillità e quando serve anche rabbia. Come, tanto per intenderci, fa da sempre Castori. Che da venerdì sera a lunedì ha caricato "a pallettoni" i suoi, tanto da farli scendere in campo cattivi, anche oltre il lecito, e determinati al massimo. Un po' come sarebbe dovuto accadere al Frosinone nella settimana che ha preceduto la trasferta di Benevento, quando contro una squadra priva di otto titolari bisognava andare in campo "avvelenati" e vincere. Con le buone o con le cattive. Ma questa è un'altra storia. Oggi ancora più inutile da rivangare.

La sconfitta con il Carpi specchio di tutta la stagione
La paura che ha attanagliato il Frosinone lunedì sera contro gli emiliani, incapace di "mettere in mezzo" il Carpi girando palla con l'uomo in più e poi addirittura due, è la stessa che ha accompagnato i giallazzurri nell'intero arco della stagione. Perché se tre indizi fanno una prova figuriamoci cinque e anche di più. Partendo dal solo girone di ritorno, infatti, come dimenticare la sconfitta di Chiavari con l'Entella, i pareggi di Perugia, in casa contro l'Avellino e nella trasferta di Ascoli, oltre alla sconfitta di Benevento, tutti decisi nei minuti finali? Ormai la paura faceva parte di questa squadra. Perciò nel presentare la semifinale di ritorno contro gli emiliani avevamo parlato di come fosse fondamentale arrivare all'ultimo quarto d'ora avanti nel punteggio. Per questo domenica Castori aveva dichiarato: «Se arriviamo in parità a dieci minuti dalla fine vinciamo noi».

Asciugarsi le lacrime e ripartire con la tigna
Sicuramente ci vorrà del tempo per smaltire questa grandissima delusione. A nostro modo di vedere la più grande in assoluto nella storia del Frosinone calcio. Ma poi siamo convinti che il presidente Stirpe, al quale in tutta la storia di questo campionato imputiamo la colpa di non aver avuto il coraggio, a inizio stagione di parlare della promozione come unico obiettivo permettendo a tecnico e squadra di poter contare su un alibi importante (il rinnovo automatico per Marino sarebbe arrivato nel caso di piazzamento entro l'undicesimo posto), saprà come e da chi ripartire. Su quale dirigente e calciatore potrà puntare, perché in grado da subito di rialzare la testa. Sicuramente la sconfitta contro il Carpi ha chiuso un ciclo. Bello. Storico. Indimenticabile. Ora bisogna aprirne un altro. Da programmare in un anno, due, o anche tre. Ma senza sbagliare nulla. Dopo qualsiasi tipo di "caduta", anche inaspettata e molto grave come quella di lunedì sera, il ciociaro, la razza ciociara, ha sempre saputo rialzarsi e diventare più grande di come era in precedenza. E noi siamo convinti che la stessa cosa succederà anche questa volta.