L'arte della scultura ha iniziato ad impararla a quattordici anni nello studio dello zio Domenico a Roma. Nel tempo, con il raffinamento del suo sterminato talento, è diventato il massimo interprete a livello mondiale di quella concezione scultorea che nella monumentalità e nel rapporto con il tessuto urbano ha trovato la sua dimensione specifica e la forza di un linguaggio capace di riassumere le esperienze delle avanguardie e di inserirsi nella complessità del tempo presente. Un genio assoluto del suo tempo, Umberto Mastroianni, di cui Frosinone conserva una delle opere più importanti: il âMonumento ai Caduti di tutte le guerreâ.
Dopo anni di assoluto abbandono e indifferenza, sotto il costante attacco degli agenti atmosferici che minacciavano di comprometterlo irrimediabilmente, è stato salvato dalla corruzione del tempo e dalla mano ignorante dellâuomo con un recupero conservativo messo in atto nei mesi scorsi dallâamministrazione Ottaviani. Un intervento salvifico, cui, però, fino ad ora, non è seguito un percorso di piena valorizzazione dellâopera, nellâattesa, a quanto pare, di uno spostamento del monumento nella rotatoria che dovrà essere realizzata allâingresso del casello autostradale. Nelle intenzioni dellâamministrazione comunale câè la volontà , infatti, di fare dellâopera di Mastroianni il migliore biglietto da visita di Frosinone. Ma sul punto non si sono registrati consensi unanimi.
La storia e la simbologia
Il âMonumento ai Caduti di tutte le guerreâ, commissionato dal Comune di Frosinone nel 1971, costato la cifra di settanta milioni di lire e collocato dove attualmente si trova nel 1977, è certamente una delle creazioni più rappresentative della poetica mastroiannea e, in particolare, di un periodo artistico, ascrivibile al 1970-1974, che vede nascere nello scultore un interesse per le strutture emblematiche della civiltà e dellâestetica pre-elettronica. Lâopera si presenta sotto forma di enorme macchina bellica, vibrante di illusoria dinamica interna e protesa in uno slancio obliquo verso lâalto, come emettitrice di spari. Realizzata in acciaio, costituisce lâassemblage macchinistico di tutte le false ideologie che hanno oppresso lâessere umano, degli stessi strumenti che lâhanno macerato e distrutto e che lâuomo continua a produrre per il proprio eterno e peggiorativo futuro. Questo meccanismo, di articolazione generalmente âbaroccaâ, ma a tratti anche di richiamo vagamente totemico, si esplica tramite lâutilizzo dellâacciaio, assunto allo stato di lamiera, in una serie di ingranaggi, bracci, dischi e raccordi, assemblati in apparente conformità con i procedimenti industriali. à un meccanicismo che implica una cognizione del tempo e quindi del degrado. Un degrado che, nel pensiero dellâautore, attacca, però, senza vincere, essendo il suo livello di azione negativa limitato alla ruggine.
Affascinato dalla fioritura dellâossido bruno, Mastroianni ha realizzato questâopera monumentale in sostanza ferrosa e lâha voluta immettere nel grande teatro urbano volutamente, senza alcuna protezione museologica, abbandonandola al suo naturale ciclo vitale.
Lâossidazione, aggiungendo ulteriore forza drammatica alle linee dellâopera, ne diventa parte integrante e contribuisce ad esprimere il senso della memoria e della storia che è scandita dalle guerre e dalle sofferenze.
Il monumento di Frosinone, fino a poco fa, è stato uno degli esempi più rappresentativi dei problemi di conservazione dellâacciaio, per cui lâintervento, scandito in pulitura, consolidamento e protezione del manufatto dalla corrosione, ha salvato lâopera dalla distruzione. Conservando, al contempo, lâespressività della superficie materica.
Originariamente lâopera doveva essere collocata, per volontà dellâautore, in piazzale Vittorio Veneto, naturale terrazza che affacciava e affaccia in maniera panoramica sulla città , librata nel vuoto sorretta da un basamento e da soli pilastri proprio a ridosso della ringhiera del marciapiede. Unâinstallazione che sarebbe costata, da sola, circa 200 milioni delle vecchie lire, troppo per le già esangui casse comunali dellâepoca.
Di comune accordo con lâautore si decise di posizionarlo in viale Mazzini, al curvone, dove ancora oggi si trova, in un luogo simbolico perché lì vennero fucilati i tre martiri toscani Giorgio Grassi, Luigi Lavacchini e Pier Luigi Banchi, la cui tragedia fu riscoperta dal professor Virginio Reali.
Alla base del monumento di Mastroianni câè la lapide (salvatasi dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale) che era parte integrante dellâopera realizzata tra gli anni â10 e â20 dello scorso secolo in memoria dei morti della Grande Guerra e che campeggiava davanti allâingresso del vecchio palazzo dellâamministrazione provinciale nellâallora corso Vittorio Emanuele, oggi corso della Repubblica.
Il futuro
Si diceva dello spostamento. Lâipotesi alternativa è quella di liberare il monumento dalla recinzione che ancora lo circonda, nonostante il recupero conservativo sia terminato da tempo, e di attrezzare lâarea circostante per farne un punto di aggregazione sociale per il vasto comprensorio che è cresciuto attorno e di caratterizzarlo come elemento di attrazione per lâattivazione di un circuito turistico-culturale.
Un obiettivo che apre anche uno scenario più ampio, su scala provinciale, sulla gestione e la valorizzazione dei beni artistici e monumentali che, alle nostre latitudini, non riesce ancora a diventare una reale risorsa di sviluppo nonostante il patrimonio a disposizione sia importante e in alcuni casi unico.
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