Sulla vicenda del chiosco dell'Acropoli interviene il consigliere Maurizio Maggi, delegato al commercio e alle attività Produttive, spiegando la posizione dell'Amministrazione comunale e le vicende che hanno reso impossibile, da parte del Comune,  prorogare o rinnovare,  l'autorizzazione agli attuali gestori. «Già ad ottobre 2015 il responsabile del settore attività produttive con nota protocollo n.39354/2015 comunicava al titolare del chiosco,  la Cooperativa Città Nuova a.r.l.,  alcune irregolarità amministrative e di conseguenza la rimozione della struttura per avviare la procedura di evidenza pubblica  per l'affidamento della gestione del Chiosco - bar sito nel  parco dell'Acropoli.  Pertanto l'ottemperanza a quanto intimato risulta urgente ed indifferibile per l'avvio delle procedure di gara. Nel luglio 2016 con il protocollo n. 27603, lo stesso responsabile di servizio comunica al legale rappresentante della Cooperativa Città Nuova a.r.l., l'intimazione immediata alla cessazione delle attività. Atto dovuto, in quanto la predette attività risultava agli atti e a seguito di verifica della Polizia Locale, non autorizzata. A settembre 2016 l'attività cessava definitivamente la sua operatività, questi i fatti, semplici, incontrovertibili, attraverso i quali si è pervenuti allo stato attuale. L'unica cosa che si può rimproverare a questa Amministrazione è quella di aver tollerato, per tantissime ragioni che l'attività potesse andare avanti. Non c'è nessuna persecuzione, nessuna volontà di danneggiare alcuno. Anzi: abbiamo fatto tutto il possibile per evitare che si giungesse ad un punto di rottura. E' bene precisare che l'Area dell'Acropoli di Alatri è sottoposta a ben due vincoli: quello paesaggistico e quello archeologico. Non credo ci possano essere fraintendimenti o dubbi quando si afferma che qualunque intervento in quell'area dovrà essere autorizzato dagli  enti preposti alla tutela e nello specifico della Soprintendenza. Quello che è stato fatto da parte degli Uffici Comunali, è un atto dovuto per legge e non un'azione  persecutoria, come si è tentato di far credere.  A dimostrazione di questo,  ancora oggi gli stessi funzionari, su impulso dell'Amministrazione, stanno valutando se possano sussistere condizioni di legge che rendano possibile eventuali soluzioni transattive».