Da una parte c’è chi deve avere 109 milioni di euro e dall’altra chi ne pretende 31. La partita tra San Raffale e Asl è doppia. Il gruppo sanitario ha, infatti, inviato una richiesta all’azienda di via Armando Fabi e alla Regione Lazio affinché sblocchino i pagamenti risalenti a sei anni fa. In ballo, somme a parte, ci sono tremila posti di lavoro.

La questione affonda le radici nel lontano 2009, ovvero quando la Asl prima stoppò i pagamenti alla struttura sanitaria di Cassino, e poi diede vita a un’azione di recupero per 22 milioni di euro, sostenendo che la clinica non avesse i requisiti per l’accreditamento. Nel settembre del 2014, infatti, con sentenza di primo grado, il San Raffaele venne condannato al pagamento di un risarcimento di circa 41 milioni e mezzo.

La clinica, però, fece appello e a luglio arrivò la pronuncia di secondo grado che ridusse il risarcimento di 10 milioni di euro: i giudici contabili riconobbero la legittimità delle prestazioni erogate. Il procedimento, quindi, si è chiuso a favore del San Raffaele ma le richieste di pagamento sono rimaste lettera morta. Infatti, tra addizioni e sottrazioni, è proprio la Casa di cura a vantare un credito pari a 86.705.478 euro, oltre agli interessi che continuano e continueranno a decorrere fino a quando la Asl non pagherà le fatture. Ma al momento ha ricevuto solo 7 milioni di euro. All’appello mancano, quindi, poco meno di 80 milioni.

La diffida a pagare è ora sul tavolo del presidente della Regione Nicola Zingaretti e del commissario Asl di Frosinone Luigi Macchittella. Ricostruisce per filo e per segno la decisione assunta dalla Corte dei Conti. Nella stessa si evidenzia pure che la situazione di inadempienza ha prodotto, e continua a produrre, grave danno alle altre strutture sanitarie gestite dal gruppo. Tale situazione sta, infatti, mettendo a rischio la continuità dell’attività assistenziale e il conseguente mantenimento occupazionale. Notevoli sono anche i danni prodotti per via di contenziosi con i fornitori, gli enti previdenziali, l’erario e gli istituti di credito. A rischio ci sono tremila posti di lavoro.