In provincia di Frosinone la discesa libera è inesorabile, ma in troppi fanno “spallucce”. A metà tra la rassegnazione e la superficialità della logica dello “sta tutto a posto”. In realtà non sta a posto nulla.
Il territorio arretra su ogni fronte. È normale che un capoluogo di provincia da anni è alle prese con la frana del viadotto Biondi e con un ascensore inclinato che, malgrado le numerose inaugurazioni, resta drammaticamente fermo al palo?
Per quanto riguarda il viadotto Biondi, dopo due anni e mezzo nessun passo avanti. La Regione Lazio, nonostante i diversi sopralluoghi e le rassicurazioni dell’assessore Fabio Refrigeri, non ha sbloccato la situazione. Il Comune di Frosinone ha avanzato la soluzione provvisoria del ponte Bailey. Ma novità non ci sono. Non sono mancate le polemiche, che però non risolvono i problemi.
L’ascensore inclinato è un tema da letteratura kafkiana. Perché è sempre fermo? Perché si è deciso di realizzarlo in un’area dove il dissesto idrogeologico è a livelli altissimi? Perché nessuno è in grado di elencare i motivi del flop e indicare una data vera di soluzione del problema? La sanità resta un fronte caldissimo. Qualche settimana fa il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha dovuto prendere in mano personalmente la situazione, destinando il manager Isabella Mastrobuono ad altro incarico. Però il punto è proprio questo. Se il Governatore del Lazio è costretto a intervenire personalmente, vuol dire che dal territorio non arrivano gli “input” giusti e, soprattutto per tempo. Un territorio nel quale si continua a combattere per posizionamenti sullo scacchiere politico, non per risolvere le questioni.
È di queste settimane pure l’esplodere della questione dell’Agenzia di Formazione, tema che compete alla Provincia, ma che avrebbe bisogno anche in questo caso del supporto dei consiglieri regionali. Ma quello che non si capisce è che stanno franando tutte quelle situazioni che, se utilizzate bene, potevano far effettuare il salto di qualità. L’aeroporto e l’interporto sono dei fallimenti di chi non ha saputo gestire quelle opzioni. Fallimenti politici ed amministrativi di una classe dirigente che non chiede conto del perché sull’Accordo di Programma non ci sono passi avanti.
Per non parlare della bonifica della Valle del Sacco, operazione fondamentale non soltanto sul piano ambientale. Ma pure, anzi soprattutto, sul versante dello sviluppo. Quale azienda potrebbe investire oggi in un’area dove i costi per la bonifica sono proibitivi?
Poi ci sono 125.000 iscritti ai Centri per l’Impiego, su una popolazione che non supera i 500.000 abitanti. Cifre drammatiche, che però non scuotono le coscienze. La Regione Lazio indubbiamente deve svegliarsi. Non può passare tutto da Nicola Zingaretti. I consiglieri regionali del territorio dovrebbero incalzare la giunta, gli assessori, esigere risposte. Non lo fanno. La politica dovrebbe rivendicare all’unisono la nomina di un assessore regionale di questo territorio, perché è in Giunta che si assumono le decisioni più importanti. E da due consiliature nessun “ciociaro” siede nell’esecutivo della Pisana. Detto questo, la Regione non può considerare la Ciociaria una provincia (molto periferica) dell’Impero.
Allo stesso modo i Sindaci e gli amministratori comunali dovrebbero battere più di un colpo. Non limitarsi a non decidere, come accaduto per molti anni sull’acqua. C’è una sola grande tematica sulla quale i consiglieri regionali, quelli provinciali e i sindaci si sono imposti? L’Atto aziendale della sanità è stato fatto dal manager Isabella Mastrobuono. Punto e basta. Attenzione, perché la Ciociaria continua a scivolare. Verso sud.