Lunedì o al massimo martedì mattina i responsabili di Acea saranno in Comune per ritirare le “famose carte” che il V settore doveva consegnare sin dai primi giorni di settembre: elenco utenze, nuovi allacci, tariffe e tutto il materiale cartaceo o informatico propedeutico al passaggio. E ora che il dirigente Pio Pacitti ha scritto alla società, invitandola a recarsi presso gli uffici per il ritiro, non resta che varcare quella soglia e toccare con mano faldoni e supporti informatici.

Ma l’altrettanto famoso verbale di consegna del dottor Raio menzionava anche delle chiavi degli impianti. Le uniche in grado di aprire i lucchetti che chiudono l’acquedotto “comunale”. Ma di questo il sindaco non vuol sentir parlare. Da una parte i giudici del Consiglio di Stato hanno sentenziato, in maniera inequivocabile, la cessione, dall’altra c’è l’ordinanza 226 del 10 settembre - a firma di D’Alessandro - che proroga agli uffici comunali la gestione degli impianti fino a quando Acea non avrà dimostrato di avere risorse idropotabili proprie.

Sindaco, tra giudici e ordinanza chi vince?
«Per me l’ordinanza ferma la consegna delle chiavi ai sensi della norma richiamata per la sicurezza e l’igiene pubblica. Fin quando non esce fuori la risorsa idropotabile, e ribadisco massima attenzione all’appropriazione indebita, gestiamo noi».

Il Comune ha l’acqua, Acea ha gli impianti? Lei è disposto, magari, a trattare sulle tariffe?
«Alle mie condizioni sì».

Sarebbero?
«Di conservazione dei diritti di Cassino maturati negli ultimi vent’anni. Diritti che hanno permesso di avere una calmieratissima tariffa idrica alla luce delle risorse. Se questo è il punto di partenza, sì. Ma prima di questo ci vuole una volontà da parte delle persone di volersi sedere intorno a un tavolo. Non mi sembra che la conferenza di Saccani sia andata in questa direzione, soprattutto su Acquacampania, ci ha irrigidito».