Un ritardo nell’effettuazione del parto. La scelta di non ricorrere al cesareo. Il bimbo che nasce 24 ore dopo con gravi lesioni, tanto da rimanere invalido al 100%. Dopo la condanna in sede civile, arriva pure quella penale. Ieri il giudice monocratico Giuseppe Farinella del tribunale di Frosinone ha pronunciato la sentenza nei confronti dei due imputati rimasti, il terzo infatti aveva scelto il rito abbreviato ed era stato anch’egli condannato.

Dopo le richieste di condanna a otto mesi da parte del pubblico ministero, il giudice ha stabilito di condannare a due mesi la ginecologa Alessandra Grassi, mandando assolta l’ostetrica Carla Gaeta, difese rispettivamente dagli avvocati Angelo Pica, Gianluigi Lallini e Tony Ceccarelli. Ieri dopo le arringhe dei legali Pica e Lallini, il giudice è entrato in camera di consiglio. In sede civile, il giudice Antonio Masone, con sentenza pubblicata a maggio, aveva condannato a risarcire il neonato e i genitori la stessa Grassi e il ginecologo Michele Desiato dell’ospedale di Frosinone, nonché l’Asl del capoluogo.

In quel caso era stato stabilito un risarcimento di 3.982.264 euro, per metà a carico dell’Asl, e per l’altra metà da dividersi tra i due sanitari, che però avevano preannunciato di ricorrere in appello. Alle 2.17 del 5 agosto del 2009, la madre, alla prima gravidanza, si reca all’ospedale di Frosinone per la rottura delle membrane. Nonostante le ripetute richieste di cesareo, i medici decidono solo alle 2.15 del giorno successivo, con la manovra di Kristeller, di indurre il parto naturale. Appena nato il piccolo presenta segni di asfissia e viene immediatamente intubato. Il giorno dopo le condizioni peggiorano ed è trasferito al Bambino Gesù, «in stato comatoso».

Lì rimane per tre mesi, poi è trasferito a Fiumicino nel diparti- mento di riabilitazione pediatrica. Solo sette mesi dopo, il piccolo torna a casa, ma è costretto a vivere da vegetale e a sottoporsi a continue attività di riabilitazione. Secondo il consulente della procura era «necessario avviare le procedure» per «un taglio cesareo, da ritenersi necessario, urgente, non differibile».

Ciò avrebbe provocato le gravi lesioni. Davanti al giudice la Grassi era chiamata a difendersi dalle accuse di lesioni colpose provocate al bambino, mentre la Gaeta era accusato di falso per la presunta alterazione della cartella clinica. Il giudice ha però ritenuto sussistente sola la prima imputazione. Da qui la con- danna a due mesi della Grassi.