Una lunga udienza con durissimi scontri tra difesa e parte civile. Era in programma ieri, davanti al giudice monocratico Andrea Cataldi Tassoni del tribunale di Frosinone il processo per l’appropriazione indebita di 135 vetture Ford a carico degli amministratori della Mancini spa Giampiero Mancini Pacifici e Manfredo Peca, difesi dagli avvocati Massimo Biffa, Stefano Pasquetti e Fiorella Testani.

L’udienza si è aperta con l’audizione di un agente della polizia stradale chiamato a riferire del sequestro preventivo disposto dalla procura dopo la denuncia della Ford Italia che reclamava mancati pagamenti da parte della concessionaria, che, a sua volta, si ritiene creditrice rispetto alla casa automobilistica e nega la sussistenza dell’appropriazione indebita in forza delle fatture che venivano emesse. Il teste ha riferito che la polizia stradale trovò le auto non solo nell’autosalone, ma anche in altri capannoni in provincia e poi a Bari, in Germania e in Bulgaria.

La difesa ha insistito sul contributo offerto dai titolari della concessionaria all’indagine facendo ritrovare quelle auto e anche altre a Castelnuovo di Porto. Sul punto si è accesa una discussione tra le parti, con l’agente che sosteneva che la polizia già sapeva dov’erano le auto prima del colloquio con i Mancini.

Toni ben più alti hanno assunto le altre deposizioni rese da due dirigenti della Ford Italia. In riferimento ai 135 veicoli oggetto della contestazione, il primo teste ha riferito che quando non furono onorati i pagamenti venne attivata la procedura di restituzione in virtù della «riserva di proprietà». Anche qui la difesa ha dato battaglia, con riferimento a una decisione in sede civile. Biffa contestava che la clausola fosse inserita nel contratto. Secondo il teste fu ritrovata so- lo una quarantina di mezzi, mentre per gli altri vennero segnalati problemi di redistribuzione per «i quali furono sostenuti i costi di ripristino».

Un’altra parte della de- posizione è stata sui rapporti economici. Il teste ha ribadito che la Ford lamentava un credito di 2,4 milioni. I legali della difesa hanno insistito nel ritenersi loro creditori. La difesa ha fatto cenno a una fideiussione da un milione messa sul tavolo nel tentativo di risolvere il contenzioso. L’altro teste ha detto che al momento del sequestro molte vetture non erano pronte a circolare.