L’operazione che ha salvato Veronica Virgili, 16 anni, di Ferentino fa tornare alla mente Iron Man, il super eroe dei fumetti al quale, in seguito ad una ferita nel petto causata da una bomba nella guerra del Vietnam, viene installata dal suo compagno di cella, il fisico Ho Yinsen, una piastra magnetica nel corpo, in modo da rallentare l’avanzamento delle schegge conficcate a poca distanza dal suo cuore.
Un parallelismo, il nostro, semplicemente per far capire fino a che punto la fantascienza di un tempo può diventare la scienza di oggi. Ne abbiamo parlato con il professore Antonio Amodeo, capo dell’equipe medica che ha eseguito l’intervento.

Professore, ci permettiamo di scherzare con Iron Man per sdrammatizzare. Ci può spiegare come funziona l’Heart Mate 3?
"Il dispositivo lavora grazie a una pompa centrifuga a levitazione magnetica che mantiene il rotore sospeso impedendogli di entrare in contatto con altre parti meccaniche. Il particolare funzionamento dell’apparecchio impedisce che si verifichi attrito tra le sue diverse componenti, prevenendone così l’usura, e facilita il passaggio del sangue nella macchina, facendo in modo che i globuli rossi non subiscano danni e riducendo il tasso di effetti collaterali come l’emolisi. Heart Mate 3 può essere utilizzato come “soluzione ponte”, in attesa del trapianto di cuore".

Come è stato possibile ottenere l’autorizzazione all’uso, visto che negli Stati Uniti è ancora sottoposto a sperimentazione?
"C’è stata data l’opportunità di utilizzare per primi su un paziente pediatrico questo nuovo dispositivo alla luce dell’esperienza maturata negli anni al Bambino Gesù nel campo degli impianti di cuori artificiali. Vista l’affidabilità della tecnologia abbiamo ritenuto giusto applicarlo sulla ragazzina. È stato un intervento reso necessario dai rischi di morte improvvisa a cui Veronica era sottoposta a causa della sua patologia".

In quali condizioni versava Veronica quando è arrivata al Bambino Gesù?
"Era in una situazione grave. Con una miocardiopatia dilatativa in fase terminale, non poteva neanche alzarsi dal letto. Dovevamo fare subito qualcosa e, quindi, l’avevamo candidata al trapianto cardiaco ma non potevamo stare ad aspettare un cuore che chissà quando sarebbe arrivato. Ecco, quindi, che abbiamo utilizzato il cuore artificiale come sistema ponte al trapianto cardiaco".

Quali sono i rischi e le possibilità di sopravvivenza quando si affronta un intervento del genere?
"L’impianto di cuori artificiali, non voglio dire che è diventato routine, ma la procedura è abbastanza standardizzata. Siamo tra i centri all’avanguardia dell’impianto di cuori artificiali e diciamo che il rischio operatorio è contenuto. Il post operatorio potrebbe dare una serie di problematiche che ovviamente si tenta di controllare".

Come ha affrontato la situazione Veronica?
"È stata una ragazza eccezionale, con forza, coraggio e carattere unici. E poi, come dico sempre, siamo sotto una stella e il Signore ci guida. Veronica è stata fortunata perché solo dopo quattro giorni è arrivata l’offerta di cuore e l’abbiamo trapiantato. Stamattina (ieri ndr) l’ho vista per il controllo. Sta molto bene e devo dire che siamo soddisfatti. Ma anche una visione non terrena ha fatto sì che tutto andasse per il meglio".

«La vita si salva grazie a innovazione e ricerca»

Innovazione e ricerca. Due parole che salvano la vita. Le pronuncia in continuazione Massimiliano Raponi, direttore sanitario dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Uno degli uomini al vertice della sanità d’eccellenza è figlio della Ciociaria. Se lo ricordano bene al Liceo Classico Norberto Turriziani di Frosinone.

E lui ci tiene a sottolineare dove ha studiato, prima di diventare un manager di livello internazionale. «L’operazione eseguita dall’equipe del professor Amodio – ha spiegato – rientra nelle attività di alta complessità dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. È grazie alla possibilità di poter impiantare l’Heart Mate 3 che riusciamo a superare l’emergenza legata alla scarsa donazione di organi. Quello su Veronica – ha fatto notare - è stato il primo intervento al mondo su una ragazza ancora in età pediatrica. Il problema, come in questo caso, è che sono molteplici le volte in cui il paziente non ha la possibilità di attendere un cuore di ricambio. Il rischio che si corre, viste le lunghissime liste d’attesa, è quello di non potercela fare. Il progetto che stiamo portando avanti è proprio rivolto a fronteggiare patologie cardiache rare e pericolose. Tutto ciò - ha concluso Massimiliano Raponi – fa capire come innovazione e ricerca hanno bisogno di un continuo sostegno».