La meningite è una malattia conosciuta. Il 64% dei genitori che risiedono nel Lazio considera la meningite una malattia molto grave e il34%la ritiene abbastanza grave. Ad averne paura è il 48% degli intervistati, in particolare per il possibile esito letale (39%), la difficoltà di distinguerne i sintomi (34%) e i gravi danni che può causare (29%).

Tra coloro che dichiarano di conoscerla (l'87%), il 92% sa che le parti colpite sono il cervello e il midollo spinale, il 70% sa che la patologia si trasmette per via respiratoria, il 29% è a conoscenza del fatto che si può anche contrarre attraverso il contatto con oggetti contaminati. Il 16% invece pensa erroneamente che la meningite possa essere trasmessa anche attraverso trasfusioni di sangue o il contatto con aghi e siringhe infette. È quanto emerge da una ricerca del Censis realizzata in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità e grazie al contributo incondizionato di GlaxoSmithKline su 600 genitori con figli da 0 a 12 anni che vivono nel territorio della regione Lazio, nell'ambito di uno studio più ampio a carattere nazionale.

Questi sono i principali risultati della ricerca “La vaccinazione contro il meningococco B secondo i genitori italiani: il caso del Lazio”, realizzata dal Censis in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità e grazie al contributo incondizionato di GlaxoSmithKline, che verrà presentata oggi a Roma da Ketty Vaccaro, Responsabile dell'area Welfare e salute del Censis, e discussa da Paola Stefanelli, epidemiologa dell'Istituto Superiore di Sanità.

Ma persistono molti dubbi sulla malattia. In merito ai soggetti più a rischio di meningite, il 67% dei genitori sa che si tratta dei bambini fino a 5 anni, solo il 6% sa che anche gli adolescenti e i giovani tra i 15 e i 25 anni rappresentano una fascia di popolazione a rischio. Le informazioni sui vaccini sono ancora scarse. Il 60 per cento dei genitori non sa che esiste e che è disponibile per i loro bambini il nuovo vaccino per il meningococco B.

Mentre il 6 per cento è all’oscuro dell’esistenza di qualunque vaccino, convinto che non ci sia alcuna forma di prevenzione. Si tratta di una piccola minoranza che fa comunque riflettere sull’efficacia dellecampagne informative istituzionali (il 95% sente l’esigenza di migliorale), ma soprattutto sulla capacità comunicativa dei pediatri. Sì perché la principale fonte di informazione per il meningococco è il pediatra (42%), ma il 26 per cento ha dichiarato di non aver mai ricevuto informazioni su tutte le vaccinazioni disponibili contro il meningococco.