Attore, soprattutto. Ma anche regista, sceneggiatore, autore teatrale con una laurea in architettura. Bello, intenso, bravo e gran seduttore. Amante della vita e delle donne. Talento eclettico. Uno dei più grandi, se non il più grande attore della storia del teatro italiano. Giorgio Albertazzi, morto ieri, all’età di92 anni, è stato tutto questo. Un mostro sacro del teatro, un formidabile attore nel cinema era così padrone della scena e del “mestiere” che, negli ultimi tempi, nonostante la fatica nella respirazione lo portasse a dover utilizzare sempre più pause, si era praticamente inventato un nuovo modo di recitare sul palco, tanto che la sua arte e l’eccellenza delle sue performance non ne avevano risentito.

Inutile stare qui a fare l’elenco dei premi, dei riconoscimenti che Albertazzi ha ricevuto in carriera. Ogni suo spettacolo era atteso come un evento. Una fortuna che gli appassionati di teatro della provincia di Frosinone hanno potuto rinnovare in varie occasione negli ultimi venti anni. Tra le ultime performance si ricordano quelle al teatro “Nestor” di Frosinone quando, invitato dall’amministrazione comunale, nell’ambito delle nuove stagioni teatrali riprese da tre anni, ha recitato in “Lezioni americane” l’8 gennaio 2014 e ne “Il mercante di Venezia”, nei panni di Shylock (un vero cavallo di battaglia), il 23 marzo 2015. Appuntamenti memorabili cui si aggiungono le tappe di Alatri e Cassino con “Memorie di Adriano”, quasi una seconda pelle artistica per lui.

Pensando alla morte di Albertazzi vengono in mente i settenari dell’ode “Il cinque maggio” di Manzoni con il mondo del teatro, dell’arte, della cultura che, da ieri, non possono non sentirsi percossi e attoniti. Il più inquieto dei nostri attori, il più dolorosamente creativo, un camaleonte, energia pura traversata da forze devianti che si riconnettevano a una certa qualità sciamanica. Albertazzi aveva la vocazione della fenice. La sua voce era uno strumento formidabile, un suo marchio di fabbrica. Grande tifoso della Fiorentina, sul calcio amava dire: «Il problema nasce dagli allenatori, finché si crederanno più importanti dei giocatori, il calcio non si risolleverà. Lo stesso vale per il teatro, i registi hanno ucciso i grandi attori». Giorgio Albertazzi mancherà ai tanti che gli hanno voluto bene, ma mancherà soprattutto al mondo della cultura italiana.