Un libro su Vittorio Veltroni, il più famoso dei radiocronisti degli anni Cinquanta della Rai. Scritto da Walter Veltroni, suo figlio, che non l’ha mai conosciuto, perché è morto a soli 37 anni, quando lui aveva soltanto un anno, il 26 luglio 1956, giorno dell’ affondamento del glorioso transatlantico “Andrea Doria”. “Ciao”, edito da Rizzoli, è l’ultima fatica che Veltroni presenterà oggi da Ubik alle 18.

Perché soltanto a 60 anni compiuti si avverte il bisogno di scavare nel passato, tra le foto della propria famiglia, nei ricordi dei colleghi o nelle  radiocronache di un’Olimpiade, del Tour de France o del Giro d’Italia per ricomporre le tessere di un mosaico affettivo che è rimasto da sempre incompiuto? “Perché per la prima volta mi sembri fragile, mi sembra che tu abbia bisogno di me”.

E’ il padre stesso, apparsogli in sogno, a rispondere a Walter, giustificando l’ispirazione onirica, decisamente poetica, come pretesto per l’ideazione del libro. Il padre compare all’improvviso nei suoi sogni: se l’è immaginato  seduto sui gradini di casa, con i capelli pieni di brillantina e i vestiti anni Cinquanta. Gli parla di quando era bambino e scrutava nell’armadio i suoi vestiti ordinati, di quando in classe dicevano “Walter fu Vittorio”, o del compagno di banco che “faceva il resoconto della domenica pomeriggio allo stadio con il papà”.

Contrariamente a quanto accade in genere per un familiare scomparso, non è trasfigurato in un mito, ma resta un padre, di cui Walter sa tratteggiare debolezze e contraddizioni, accanto al buonumore e alla passione che trasmetteva attraverso la sua voce, mentre canzoni, film e registi di spessore rendevano celebri i favolosi Anni Sessanta. Tra le domande c’è anche quella sui rapporti di Vittorio con il fascismo, quando  tanti Italiani esitarono a prendere una posizione netta durante il periodo storico della Resistenza. Non biografia romanzata, dunque, bensì ricostruzione storica, ambientata con realismo descrittivo nella quotidianità familiare. In realtà questo libro, a ben leggere tra le righe, cela la precisa richiesta di un figlio di chiedere aiuto al padre, a qualsiasi età, anche in assenza fisica del genitore.

“Mi accorgo che la vita, che mi ha sempre dato, comincia a togliermi”, afferma l’autore. E’ una sensazione “spiazzante” perché la politica è ormai per lui un capitolo del passato. “Ho alzato la mano, ho chiesto scusa per non essere riuscito a fare del tutto quel che volevo e ho lasciato. Senza rancore, senza rumore”. Dunque un’autodichiarazione di abbandonare il “negotium” della vita politica per dedicarsi all’ “otium” letterario. Ma anche un’autocritica: ”Ho cercato di farmi voler bene anche da chi mi era contro. Era un limite, per il lavoro che facevo”. E’ solo dal confronto con il padre, in un téte a téte psicologico e intimistico con un gigante, che sono emersi virtù e limiti della carriera politica come del carattere di Walter Veltroni: novelle “Confessiones” del nostro tempo!