Per due notti consecutive ave- va rubato prosciutti. Nonostante la videosorveglianza, il ladro sembrava a suo agio nel negozio di via Monti Lepini Casear Caserta. Tuttavia, nello scavalcare il bancone aveva commesso un imperdonabile errore: lasciare un’impronta. E da quell’impronta, affidata ai carabinieri del Ris, la procura di Frosinone è risalita al presunto autore dei colpi, che ieri il tribunale di Frosinone ha condannato a 8 mesi di reclusione e 400 euro di multa.

Dunque grazie al Ris, questa volta utilizzato non per far luce su un delitto, il caso è stato risolto con una condanna. Non sempre carabinieri e polizia vengono chiamati a indagare su grandi furti. Anzi il più delle volte il malvivente di turno si accontenta di pochi spicci.

Un po’ per necessità, un po’ perché è scattato l’allarme, altre volte per fame. E chissà se l’autore del doppio colpo al Casear, il 3 e 4 febbraio del 2013, fosse spinto da questa motivazione. Sta di fatto che l’uomo, D.V., residente al Casermone, per due sere consecutive, sfondando il portone d’ingresso si era appropriato di due prosciutti la prima volta e di altrettanti la notte successiva.

«Nel filmato della videosorveglianza - ha raccontato al giudice Andrea Cataldi Tassoni, il mare- sciallo dei carabinieri Marco Sperati - si vedeva l’autore scavalcare il bancone e appoggiare le mani». E su quel punto vennero trovate delle impronte digitali, inviate al Ris di Roma.

Ma la svolta alle indagini venne da un altro furto. In quell’occasione, il volto dell’autore nei filmati della videosorveglianza, a differenza degli altri due casi, si vedeva distintamente. Così i carabinieri arrivarono a D.V. Il maresciallo dei Ris, Manuel Rubini ha spiegato al giudice che delle tre impronte trovate una sola era utilizzabile ed era dell’imputato.

Sul caso, come spiegato dall’ultimo teste l’assistenza capo Rocco Bianchi, indagava anche la polizia, intervenuta per il primo colpo per constatare effrazione e furto di prosciutti, dato che la cassa era vuota. Il pm Marzia Uras, ritenendo raggiunta la pro- va del fatto, ha chiesto una condanna a nove mesi. La difesa (rappresentata dall’avvocato Anna Maria Petricca) puntava all’assoluzione non ritenendo sufficiente per la condanna l’impronta rinvenuta sul bancone. Dopo una breve camera di consiglio la sentenza: otto mesi.