False ricevute di pagamento per acquistare, senza pagare, prodotti su internet. È la truffa che la procura contesta a due frusinati, residenti nello stesso stabile dove si facevano inviare i beni, mentre a una terza persona di Alatri è contestata la ricettazione. Stando alla ricostruzione effettuata dal sostituto procuratore Alessandro Di Cicco, le truffe si sono concentrate in una settimana, dal 21 al 29 febbraio del 2012.

La tecnica utilizzata era sempre la stessa, contattare on-line il venditore, accordarsi sul prezzo per l’acquisto di beni quali iPhone, iPad, ma anche un giubbotto, una pelliccia e scarpe di marca. Quindi veniva simulato il pagamento, attraverso l’invio, sempre per email, di una falsa ricevuta di pagamento, apparentemente generata dal circuito PayPal.

La vittima di turno era così convinta di aver concluso l’affare e spedivala merce all’indirizzo indicato, nel centro storico di Frosinone a un nome probabilmente inventato. Ieri, davanti al giudice monocratico del tribunale di Frosinone Andrea Cataldi Tassoni era in programma l’udienza a carico delle due persone accusate di quattro truffe, sette tentativi di truffa e di falso in scrittura privata, i frusinati Marcello Nanogitis, 53 anni, e Claudio Antonucci, 61, nonché di Carlo Pitocco, 46, di Alatri, quest’ultimo accusato solo di ricettazione per aver acquistato uno dei telefoni che i due erano riusciti a ottenere. Per l’accusa, l’acquirente sarebbe stato consapevole della provenienza delittuosa del bene.

I tre sono difesi dagli avvocati Fausto Velocci, Giuseppe Campagiorni e Roberto Filardi. Stando ai conti fatti dalla procura le quattro truffe contestate ai due frusinati avrebbero fruttato 1.791, ovvero il prezzo che il venditore aveva stabilito sul sito subito.it per un iPhone (l’oggetto più caro per un valore di 615 euro), un iPad 2, una pelliccia e una borsa Paciotti. I sette tentativi di truffa, invece, riguardano la vendita di un altro iPhone, un giubbotto, un computer Imac, un tablet, un pc portatile, un iPad e un paio di scarpe Gucci per un totale di 2.266 euro, di cui solo 760 per l’Imac, il bene più caro.

Ieri è stato sentito un agente della polizia postale che, però, non ha materialmente proceduto alle indagini, ragion per cui l’udienza è stata aggiornata a dicembre. Una delle vittime, la maggior parte delle quali sono residenti nel Nord Italia, ha rimesso la querela.