Si è tolto la vita poco fa in una vecchia chiesetta in località Castello, nel centro storico di Roccasecca. Dramma nel Cassinate dove l'agente di polizia penitenziaria accusato di abusi sulla figlia minorenne, di soli 14 anni, non ha retto alle accuse e a tutto quanto è scaturito sulla vicenda e prima ancora della fissazione dell'incidente probatorio ha deciso di impiccarsi. La denuncia era arrivata attraverso un tema in classe in cui la ragazzina ha dichiarato di essere stata abusata dal padre.

Le violenze sarebbero avvenute anche nel letto della sorella. E a raccontarlo agli inquirenti è proprio lei, che non risparmia alcun dettaglio su ciò che avveniva in casa. La terribile vicenda legata a presunti abusi da parte del padre, un cinquantenne del Cassinate, sulla figlia minorenne continua a sconvolgere. I dettagli che emergono dal compito in classe della ragazzina (prova che ha fatto scattare l'indagine) e quelli della ricostruzione dalla famiglia della minore sono agghiaccianti. Talmente atroci da non sembrare neppure veri.
È la gravità del quadro nelle mani degli agenti del dottor Tocco, coordinati dal sostituto Bulgarini, ad aver convinto il gip Scalera della necessità - in attesa dell'incidente probatorio in cui cristallizzare la prova - di allontanare l'uomo dalla casa familiare, «a mantenere una distanza di almeno 1000 metri in caso di incontro occasionale con moglie e figli - scrive il giudice - con l'applicazione del braccialetto elettronico». Se in sede di incidente probatorio la (presunta) vittima riuscirà a ribadire le accuse pesantissime nei confronti del padre, inchioderà l'uomo (agente di polizia penitenziaria) alle sue responsabilità.

I dettagli choc

Non si sarebbe trattato di un unico episodio. Le violenze che la studentessa di un istituto superiore della città martire avrebbe subito dal padre - persino nel letto della sorella - sarebbero state almeno 6 o 7. A partire da maggio.
«Sono stata stuprata da papà. La prima volta in un giorno in cui non mi sentivo molto bene e non sono andata a scuola. Così ogni volta che rimanevamo soli io e lui, anche per cinque minuti, risuccedeva». Sono questi i passaggi cruciali del tema, risalente al dicembre scorso, "Scrivi una lettera a tua madre confessandole ciò che non hai il coraggio di dirle" che hanno messo in allarme professori e dirigente scolastico.
Prima di allora la madre non avrebbe avuto sentore di questi terribili abusi. Eppure la ragazzina a qualcuno in casa l'aveva confidato, chiedendo di non far emergere nulla perché aveva paura di «rovinare l'armonia familiare». Poi l'esplosione di dolore e rabbia trattenuti per sette mesi e riversati dalla studentessa nel compito in classe. A confermare questa ipotesi (rigettata con forza dall'indagato) è stata la sorella della giovane che ha riferito alcune di quelle "confidenze indicibili": il padre si sarebbe introdotto nella stanza con «la scusa di abbassare il volume della tv». Poi gli abusi. Gli episodi da verificare sarebbero più di uno, in un contesto in cui sarebbero spuntate anche avances - come riferito dall'avvocato di famiglia, Emanuele Carbone, al TgR - nei confronti della stessa sorella, che oggi ha 28 anni.
La scuola, intanto, ribadisce la sua immediata attivazione: «La scuola è una delle poche istituzioni ad aver confermato quella che è la sua "mission" rispetto ad altre. Appena abbiamo letto il compito in classe abbiamo denunciato tutto al Commissariato - ha dichiarato il dirigente scolastico - Saranno ora le indagini a chiarire la situazione. Di certo i continui incontri su cyberbullismo e violenza fuori e dentro la rete non escludo abbiano contribuito a creare una coscienza nei ragazzi, anche se questa è la prima volta che affrontiamo situazioni del genere».

di: Carmela Di Domenico