Una coppia come tante, entrambi impegnati con il lavoro, che nel tempo libero e nei fine settimana si dedicava a coltivare hobby e passioni trascorrendo il tempo insieme. Giancarlo Marrandino, ingegnere trentottenne originario di Aversa, e sua moglie Rosaria Orlando, quarantatreenne di Sant'Antimo, impiegata nell'indotto Fca, vivevano a Cassino da pochi anni.
Lui era arrivato come consulente da un'azienda del modenese, specializzato in motori diesel. Giancarlo e Rosaria avevano tutta la vita davanti, una vita bruscamente interrotta mentre erano felici, a bordo della loro Suzuki, in un tiepido pomeriggio autunnale. Una tragedia per chiunque li conosceva, anche se nella città martire non erano volti noti. Si erano trasferiti da poco e lavoravano molto.
A nome della città di Grumo Nevano, il sindaco Chiacchio, il presidente del consiglio comunale Angelo Rennella e l'amministrazione comunale, hanno espresso dolore per la prematura e tragica scomparsa dei coniugi Marrandino, cognati del consigliere comunale Giuseppe Ricciardi, ed esprimono ai familiari sentimenti di profondo cordoglio. Ed è stato proprio Giuseppe a ricordare la coppia: «Giancarlo e Rosaria si sono cercati, voluti e amati tantissimo, in poche persone ho visto la felicità di stare insieme come si vedeva in loro. Non perdo due cognati ma un fratello e una sorella che mancheranno a tantissime persone. I miei figli stravedevano per lo zio che sapeva essere presente come pochi. I dolori, le preoccupazioni e le gioie che abbiamo vissuto insieme li tengo per me con la certezza di aver vissuto una parte della mia vita con due ragazzi che sono stati un grande dono».
Oggi verrà conferito l'incarico al medico legale per effettuare l'autopsia, un'ulteriore dolorosa attesa per i familiari che dovranno aspettare prima di poter dare degna sepoltura ai loro cari.
Erano usciti per trascorrere un pomeriggio spensierato, Giancarlo e Rosaria non sono più rientrati.

Può sembrare banale scriverlo ora. Anche scontato. Ma la morte di Giancarlo Marrandino e Rosaria Orlando poteva essere evitata. Doveva essere evitata. Può sembrare banale e forse anche consolatorio. Non lo è affatto.
Francesco Scarsella guidava sotto effetto di droga, dieci anni fa gli era stata revocata la patente. Ecco perché è inutile e addirittura ingiusto parlare di fatalità.
Dal 2006 non aveva la patente ma domenica pomeriggio, alle 15.30, era alla guida della sua Smart sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Cocaina. Con quell'auto, per cause al vaglio dei carabinieri della Compagnia di Anagni e della stazione di Ferentino, diretti dal capitano Camillo Giovanni Meo, si è scontrato con una moto su cui viaggiano marito e moglie, uccidendoli. E quella dell'altro ieri non sarebbe stata la prima "uscita", in questi lunghi anni, di Francesco Scarsella, 32 anni di Alatri, residente a Tecchiena. Ma mai era stato fermato.
Domenica, stando alle accuse, ha provocato un incidente tra auto e moto, che ha fermato il cuore di due persone, Rosaria Orlando, 43 anni di Sant'Antimo, e Giancarlo Marrandino, 38 anni di Aversa. Quest'ultimo è deceduto sul colpo, la donna poco dopo all'ospedale di Latina dove era stata trasportata con l'eliambulanza.
L'accusa, per Scarsella, difeso dall'avvocato Tony Ceccarelli, è di omicidio stradale plurimo aggravato dalla guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti (che per la difesa potrebbe aver assunto nei giorni precedenti) e con patente revocata undici anni fa. Oggi pomeriggio ci sarà la convalida nell'ospedale di Frosinone, dove è stato ricoverato per le ferite riportate nell'incidente avvenuto in via Casilina a Ferentino.
Sempre nella giornata di oggi sarà conferito l'incarico per l'esame autoptico sul corpo delle due vittime che viaggiavano sulla Suzuki. Sarà affidato l'incarico anche a un perito che avrà il compito di ricostruire l'esatta dinamica dello scontro. Stando a una prima valutazione, Scarsella avrebbe invaso la corsia opposta dove si trovava a transitare, in direzione Frosinone, la coppia di origine campana. Uno scontro violento che non ha lasciato scampo all'ingegnere che lavorava a Cassino. Poco dopo la stessa sorte è toccata alla moglie. Sul posto il personale medico, i vigili del fuoco, la polizia stradale e i carabinieri con il maresciallo Raffaele Alborino.
Per il trentaduenne di Tecchiena, invece, sono scattate le manette. Ma Scarsella era già noto alle forze dell'ordine. L'11 novembre del 2006 era rimasto coinvolto in un altro incidente. Ferito gravemente mentre era in sella alla sua Honda, finita contro un'auto, sulla Statale 155. Mentre i dottori lo stavano rianimando è spuntata la droga negli slip. Aveva nascosto ventuno dosi di cocaina e due grammi di marijuana. Con Francesco viaggiava anche un amico e dalla perquisizione nell'abitazione di quest'ultimo i militari avevano scovato altra droga, facendo scattare l'arresto anche per l'altro ferito. Per Scarsella, dopo l'arresto, erano state adottate la sorveglianza speciale e la revoca della patente. Il giovane aveva scelto il rito abbreviato e per lui la condanna a un anno e mezzo da scontare ai domiciliari.
Il 24 febbraio del 2007 il trentaduenne era finito tra gli arrestati dell'operazione "Sghiscia". Operazione che ha preso il nome da uno dei codici utilizzati per sviare ogni sospetto quando ordinavano la droga. I controlli dei carabinieri avevano riguardato nello specifico un'abitazione nella zona della stazione, a Frosinone, ritenuta la centrale dello spaccio. Scarsella aveva scontato tutta la pena. Lavorava, attualmente, per una cooperativa che si occupa della manutenzione del verde e stava completando un percorso terapeutico anche ai fini della riconsegna della patente.
Aveva quasi raggiunto il termine dei tre anni, ma domenica scorsa quella "uscita" sulla via Casilina l'ha fatto finire di nuovo nei guai. Ora rischia fino a diciotto anni di carcere.

di: Nicoletta Fini