L'inchiesta del Nas sulle protesi arriva a un punto di svolta. Dopo il patteggiamento, a un anno e quattro mesi del fisioterapista, ieri il gup del tribunale di Frosinone ha rinviato a giudizio i due imputati, accusati di concorso in corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio e corruzione di incaricato di pubblico servizio.

Sotto inchiesta sono finiti Franco Picchi, imprenditore della Tss, azienda distributrice di prodotti sanitari e ausili protesici, e Maria Grazia Fosco. Lo scorso novembre erano stati interdetti dall'esercizio della professione l'imprenditore ferentinate e il fisioterapista. Ma se il secondo ha deciso di chiudere subito la partita patteggiando (con conseguente revoca dell'interedizione), l'altro, che respinge ogni accusa, ha deciso di andare fino in fondo.

Già in sede di interrogatorio Picchi, assistito dagli avvocati Vanessa D'Arpino e Vittorio Perlini, si era difeso con forza sottolineando che, sui fatti oggetto d'indagine, in passato aveva presentato una denuncia e che, comunque, da parte sua non erano state poste in essere condotte illecite. Anche la donna, difesa dall'avvocato Emanuele Incitti, pur non essendosi sottoposta a interrogatorio, nega.

Intanto l'Asl di Frosinone, attraverso l'avvocato Domenico Marzi, si è costituita parte civile ai fini di un eventuale risarcimento danni.

L'indagine ha preso il via nel 2015 ed è stata condotta di carabinieri del Nas di Latina, coordinati dal tenente Maurizio Santori. Stando all'ipotesi accusatoria i pazienti, bisognevoli di ausili protesici, sarebbero stati indirizzati dal fisioterapista e dalla donna esclusivamente presso la ditta di Ferentino. La donna avrebbe contribuito allo smistamento delle pratiche amministrative per la consegna delle protesi rigirandole direttamente alla Tss o per il tramite del fisioterapista. In cambio avrebbero ricevuto dall'imprenditore delle somme di denaro a mo' di provvigione. In base a quanto ricostruito dalla procura di Frosinone - l'indagine è stata coordinata dal sostituto Monica Montemerani - il volume d'affari stimato si aggira sui 50.000 euro.

Al termine della discussione delle parti, il gup Ida Logoluso ha rinviato a giudizio Picchi e Fosco, fissando la prima udienza al 9 febbraio. Il magistrato si è riservato sulla richiesta della difesa dell'imprenditore, sulla quale c'è comunque il parere favorevole del pubblico ministero, di revoca della misura dell'interdizione dall'esercizio della professione. Le difese confidano, comunque, di dimostrare in aula l'estraneità dei propri clienti ai fatti contestati.