Gloria Pompili esercitava l'attività di prostituta. Andava detto? Scritto? Andava svelato tutto della sua storia? Se, come dovrà accertare l'inchiesta, uno dei possibili moventi dell'assassinio è la professione della donna andava necessariamente scritto. Ogni giorno, anzi ogni notte qualche giovane prostituta viene pestata dal suo sfruttatore e non è un'aggressione come un'altra (pur grave) perché è legata ad interessi economici, di sfruttamento appunto. La storia di Gloria potrebbe essere stata una di queste e dunque per spiegare il movente andava necessariamente descritta la sua vita.

Curiosamente o provvidenzialmente interviene a sostegno della trasparenza dei dati della vittima un'associazione che si occupa tutti i giorni di violenza sulle donne e che si chiama «Voci nel silenzio». «La nostra Associazione si occupa di prevenzione e contrasto della violenza di genere e fornisce supporto e assistenza legale e psicologica gratuita alle vittime - dice la presidente, Maria Teresa Conte - e in merito all'omicidio di Gloria credo vada ribadito che questa era una donna, con la sua biografia, la sua famiglia, andava messo il nome perché altrimenti sarebbe stata annullata la sua identità. E perché? Perché il ‘lavoro' che faceva per qualcuno è disdicevole?»

Ma per alcuni rivelare la professione è una mancanza di rispetto per i figli minori.
«Tutte le donne uccise lasciano figli minori e non mi pare che negli altri casi sia stato sollevato il problema. Qui lo si è fatto perché lei faceva ‘quel mestiere'. A prescindere dal fatto che la divulgazione della foto potrebbe tornare utile alle indagini mi sento di approvare la scelta, perché le cronache ci raccontano giornalmente di donne uccise e regolarmente vengono pubblicati nome, cognome e foto senza che ciò venga contestato. Gloria era come tutte le altre, aveva un nome un cognome e soprattutto un volto e ha il diritto di essere ricordata così, anche se aveva fatto una scelta di vita che può essere più o meno condivisa, ma sicuramente non giudicata, né essere motivo di discriminazione alcuna. I suoi figli non possono essere tutelati nascondendo la verità come fosse una vergogna, un marchio. Ai suoi figli va detto che la mamma era una donna nonostante tutto dignitosa e meritevole di amore e di rispetto e che dovranno sempre conservare di lei un ricordo positivo. Ci auguriamo che al più presto venga assicurato alla giustizia colui che le ha tolto la vita».

Quanta violenza, quanti casi passano dal vostro centro?
«La nostra associazione è nata un anno fa e all'inizio le richieste erano poche, anche perché purtroppo il problema della violenza viene vissuto spesso con vergogna. Molte donne vengono da noi ma risiedono in città diverse. Noi siamo a Minturno e i casi che seguiamo sono di vittime di altre città, forse chi risiede qui si rivolge altrove. Ma ciò che riscontriamo è soprattutto la paura di non avere giustizia, di non avere la protezione che si chiede e di cominciare un percorso che non si sa come finirà».

E voi cosa dite a queste donne?
«Di avere coraggio, le aiutiamo a denunciare, forniamo loro assistenza legale e psicologica. Casi come quello di Gloria possono aiutare a riflettere e raccontarli perciò che sono, terribili e crudi, è uno dei modi non solo per riscattare la vittima e non dimenticarla, ma anche per dire alle altre donne di trovare il coraggio di denunciare».

Proseguono senza sosta, fra il litorale romano, la provincia pontina e la Ciociaria, le indagini dei carabinieri - coordinate dalla Procura di Latina in persona del pm Luigia Spinelli - per capire chi possa aver massacrato di botte la 23enne di Frosinone Gloria Pompili. Analisi dei tabulati telefonici e dei messaggi, ascolto dei familiari e di persone informate sui fatti, altri accertamenti: sarebbero queste le attività in corso dalla mattinata successiva alla morte della giovane, registrata nella notte tra mercoledì e giovedì sulla 156 dei Monti Lepini, nel territorio di Prossedi. Il lavoro encomiabile e certosino dell'Arma dei carabinieri - impegnata con il Nucleo investigativo del Reparto operativo di Latina e con il Nucleo operativo della Compagnia di Terracina - è davvero incessante. Infatti, col risultato dell'autopsia effettuata dal medico legale Maria Cristina Setacci in mano, gli investigatori hanno iniziato ad avere più chiaro il quadro relativo all'atroce morte della giovane.

L'obiettivo principale è, chiaramente, quello di arrivare a capire chi sia stato l'autore della violenta aggressione con calci e pugni sferrati a mani nude, inferti con una forza tale da provocare la rottura di una costola e la perforazione di polmoni, fegato e milza. Ferite serissime, tali da portare la ragazza alla morte e da far aprire un fascicolo d'inchiesta contro ignoti per omicidio.

I primi a essere ascoltati, chiaramente, sono stati il cognato e la cugina della ragazza: i due, infatti, erano con lei al momento del malore e della morte, insieme ai figli della poveretta. Tutti insieme condividevano, presumibilmente ogni giorno, il viaggio fra Frosinone - luogo di residenza - e Anzio, dove i parenti della donna gestiscono una frutteria. Al vaglio degli investigatori, quindi, ci sono le loro dichiarazioni e quelle dei familiari più stretti, che si sono anche affidati a un avvocato di Frosinone. Nel frattempo, non sono mancati rilievi anche sulla Monti Lepini, dove è avvenuta la morte della ragazza, a pochi passi da un hotel. In quell'area, tra le altre cose, è stato ritrovato e recuperato anche un bastone: non è chiaro se possa appartenere a chi era nell'auto insieme a Gloria. Di fatto, però, su di esso verranno effettuate delle analisi approfondite.

di: francesco marzoli