Un'associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti che aveva a disposizione un'intera ex cava di pozzolana alla periferia di Aprilia dove interrare rifiuti di ogni genere, pericolosi, inquinanti, forse anche tossici.

Un'organizzazione criminale di cui, secondo la ricostruzione degli inquirenti, faceva parte anche Elio Bacci, detto Mauro, 64 anni di Trevi nel Lazio, dipendente della famiglia Piattella, arrestato ieri mattina con altre ventuno persone. Il suo ruolo nel sodalizio criminale è emerso nella conferenza stampa tenuta dal procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino a poche ore dall'esecuzione delle 22 ordinanze cautelari e dal sequestro della cava, divenuta una vera bomba ecologica.

Insieme ad altri due camionisti (Alessandro Papi e Cristinel Esanu), Bacci avrebbe fatto la spola con gli autotreni da Velletri all'ex cava di Aprilia per scaricare quantità industriali di rifiuti di ogni genere. Il pm ha descritto l'attività portata avanti almeno dal 2016 da parte dell'organizzazione che gestiva la discarica abusiva in via Corta, alle porte di Aprilia. Il pericoloso traffico di rifiuti è venuto alla luce grazie all'indagine svolta dalla Polizia stradale di Aprilia, in collaborazione con i colleghi del Comando provinciale di Latina, quelli della Squadra mobile del capoluogo, della Ps di Roma, tutti coordinati dalla Dda di Roma. Un'attività che ha permesso di stroncare un'associazione per delinquere con ventidue ordinanze cautelari in carcere.

Anche Elio Bacci è così finito nel penitenziario di Latina in attesa di essere interrogato. Gli indagati ruotavano intorno alla cava di via Corta, dove da marzo sono stati osservati andare e venire un gran numero si camion. Fermando uno dei mezzi, si è capito che trasportavano rifiuti verso quella che era divenuta una gigantesca discarica abusiva, in una zona peraltro sottoposta a vincolo idrogeologico. A guidare le operazioni, essendo tra l'altro proprietaria della cava, la famiglia Piattella. Con Antonino, il padre di 53 anni, riconosciuto punto di riferimento di tutto il sodalizio e gestore della filiera, il figlio Riccardo di 22 anni che gestiva materialmente la cava e la madre Roberta Lanari che spesso incassava i proventi illeciti e sostituiva il marito in caso di necessità. Oltre agli arresti e alle perquisizioni, sono stati posti sotto sequestro i beni degli indagati e delle aziende coinvolte per svariati milioni di euro.