Sono le 12.30 quando un arguto truffatore bussa alla porta della sua vittima. Come accade sempre, sa bene chi ha di fronte, quali parole deve utilizzare e quali argomenti sono più calzanti di altri. Il sorriso non può mancare e anche una parlantina sciolta e coinvolgente. È un (finto) direttore di banca, o comunque "uno che conta". Si vede pure dall'abbigliamento, dalla valigetta, dal telefonino che armeggia.

Inizia a intrattenersi con il suo interlocutore, un anziano del paese, girando dapprima alla larga rispetto al "problema", con artifizi verbali che avrà usato centinaia di volte. Poi, carpita la sua fiducia, affonda il coltello: "suo figlio ha uno scoperto, un problema finanziario e mi ha detto di passare". Più o meno queste le parole.
La faccia del pensionato è stravolta. L'interrogativo principale è solo uno: a quanto ammonta? Sono 2.200 euro. A quel punto è inevitabile un momento di riflessione. Allora l'abile truffatore mette in scena la "fase due" del piano e chiama al telefono il figlio dell'anziano. Inizia a parlare e ripete la problematica, specificando di essersi recato a casa del padre. Poi passa la telefonata proprio a lui che sente qualche parola di incoraggiamento da parte dell'altrettanto "finto figlio" e casca nella trappola. Al telefono c'era un complice che, con arguzia, è riuscito nel suo intento.

Alla fine c'è il cedimento dell'uomo. Buon cuore unito a preoccupazione per le sorti economiche del proprio figlio giocano un ruolo fondamentale. E così, l'anziano entra in casa e prende il suo "fondo cassa", un po' di soldi liquidi che, probabilmente, teneva per le emergenze. Li consegna all'uomo che si dilegua dopo altrettanti saluti garbati e convincenti. Segue la chiamata al figlio vero e la scoperta di essere caduti in una enorme trappola. Tanto lo sconforto, inevitabile la denuncia ai carabinieri. Così, in questa torrida estate, si consuma l'ennesima truffa ai danni degli anziani.